di Paolo Minotto
Su L’Adige del 12 settembre, nelle pagine della cronaca di Rovereto, è stato pubblicato l’articolo dal titolo “Cure domiciliari senza dieci infermieri”. Nel pezzo si evidenzia il problema ormai cronico e conclamato della carenza di infermieri sul territorio della nostra Provincia. Si tratta di una situazione particolarmente grave se si pensa al fatto che queste persone svolgono un servizio fondamentale per la cittadinanza anziana e disabile e per i relativi nuclei familiari.
Vivendo in prima persona la disabilità e avendo anche una persona anziana in famiglia ho potuto toccare con mano le difficoltà che attanagliano il sistema dell’assistenza trentino. Posso confermare che le criticità sono presenti da tempo e che anzi sono andate peggiorando nel corso degli anni, a discapito del grande lavoro e dell’impegno profuso dagli operatori che offrono assistenza e cure.
Di fronte a questi enormi problemi, la risposta dell’assessore Segnana appare piuttosto sconcertante: “ci stiamo lavorando” dice, come se in 5 anni di governo non fossero serviti a niente. Se poi si va a indagare si scopre che la “soluzione” alla quale si pensa sarebbe di spostare alcuni infermieri dal servizio ospedaliero al servizio territoriale, come se i nostri ospedali, anch’essi in forte carenza di personale, potessero permettersi di fare a meno di queste risorse!
La coperta è corta e si vede. L’unica reale soluzione al problema è investire adeguatamente sui settori della sanità e dell’assistenza, introducendo anche politiche atte a mantenere e attirare personale medico/infermieristico in Trentino. Nell’immediato questo può avvenire solo garantendo retribuzioni adeguate a questi professionisti. Nel medio/lungo periodo invece serve investire risorse concrete su istruzione e corsi di formazione, anche vincolati alla permanenza in Trentino, per aumentare il numero di potenziali dottori e infermieri a disposizione del servizio sanitario pubblico.
In sostanza per risolvere il problema serve investire con cognizione di causa sulla sanità e l’assistenza pubbliche… ovvero l’opposto di quanto fatto dalla presente giunta ma anche da quelle che l’hanno preceduta, perché la privatizzazione della sanità trentina procede da almeno 15 anni.
La verità è che le risorse a disposizione dell’assistenza domiciliare sono sempre più inadeguate e che si assiste a uno strisciante depotenziamento di questi servizi. L’impressione è che chi governa sia impegnato a spingere le famiglie verso il settore dell’assistenza privata depotenziando quello pubblico. Il privato però risulta inaccessibile alla gran parte delle persone, dati i costi esorbitanti che propone. Il timore è che si arrivi a tagliare ulteriormente l’assistenza pubblica proprio quando la popolazione italiana e trentina in particolare continua a invecchiare, mentre le generazioni che usciranno dal mondo del lavoro fra 15-20 anni potranno contare su pensioni esigue, del tutto inadatte a garantire loro qualsiasi genere di sostegno, anche a fronte di bisogni conclamati. In questo modo si rischia di assistere ad un processo di americanizzazione della sanità, dell’assistenza e di conseguenza della nostra società e del nostro stile di vita, col risultato di creare sacche sempre maggiori di disagio, disperazione e povertà, le quali non potranno che ripercuotersi negativamente su tutti noi. Queste sono le naturali conseguenze cui porteranno il costante e assiduo smantellamento dell’assistenza e della sanità pubbliche. Tendenze alle quali bisogna mettere un freno prima che sia troppo tardi. Una sfida epocale per far fronte alla quale non serve raccontare che si sta “lavorando per risolvere il problema” togliendo personale da una parte per tappare i buchi dall’altra. Ma del resto, è anche colpa di questo atteggiamento se in 5 anni di governo dell’attuale giunta nella sanità e nell’assistenza trentine le cose hanno solo continuato a peggiorare!
Paolo Minotto
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