Il M5S ha scelto l’Alto Garda per parlare del problema della sanità Trentina, una realtà in forte affanno in questi ultimi anni, a prescindere dalle promesse di gran parte del mondo politico che però non hanno portato a miglioramenti tangibili, ma solo a un progressivo deterioramento della situazione.
Il quadro generale della situazione lo ha fornito il consigliere provinciale e candidato alla presidenza della Provincia per il M5S, Alex Marini: «L’impatto che la pandemia e la guerra in Ucraina hanno avuto e stanno avendo sul sistema sanitario nazionale è impossibile da ignorare. Di colpo ci siamo resi conto di come la nostra sanità faccia fatica a far fronte alle esigenze di benessere fisico e mentale dei cittadini e di come le risorse a disposizione non siano sufficienti, specie in un quadro di aumento della spesa per fini militari. Per avere un’idea del declino cui è andata incontro la sanità nazionale basterà ricordare che fino agli anni ’90, il nostro sistema sanitario era un modello di eccellenza cui guardavano con interesse da tutto il mondo. Oggi, purtroppo non è più così. La spesa per la sanità è rimasta costante negli anni, circa il 7% del PIL a livello nazionale e 1 miliardo e 560 milioni di euro in Trentino. Possono sembrare cifre significative, ma se si tiene conto del progressivo e imponente aumento dell’età media della popolazione, ci si rende conto che le spese per sanità ed assistenza avrebbero dovuto crescere a loro volta. Purtroppo questo non è avvenuto e si è invece verificato un meccanismo che ha teso a depotenziare il settore pubblico a favore di quello privato. Questo è vero in Trentino come nel resto d’Italia. Il M5S trentino ritiene sia assolutamente necessario invertire la tendenza, investendo risorse maggiori sulla sanità provinciale ma allo stesso tempo rendendola più efficiente. Al tempo stesso il sistema pubblico deve puntare a rafforzare i sistemi di prevenzione delle malattie, impedendo, laddove possibile, che esse si verifichino. In questo si evidenzia la fondamentale differenza di scopo tra la sanità pubblica e quella privata. La prima deve garantire il diritto alla salute dei cittadini mentre la seconda ha interesse a trarre profitto dalla cura delle malattie. Per questo la prevenzione va nell’interesse pubblico. Con una cittadinanza tendenzialmente sana e in forze infatti non ci sono aggravi di spesa sui conti pubblici, mentre la sanità privata non ha di per sé interesse alla prevenzione. Per questo motivo è necessario mettere in atto riforme che rafforzino il ruolo della medicina territoriale e dei medici di base, e al tempo stesso bisogna valorizzare e rendere effettivamente operativi i consigli della salute presenti in ciascuna comunità di valle. Serve inoltre incentivare il coinvolgimento e la partecipazione della cittadinanza attiva alla governance del sistema sanitario. In tal senso il M5S propone di creare un sistema di monitoraggio puntuale riguardo ai tempi d’attesa della sanità pubblica e delle problematiche riscontrate dall’utenza, introducendo u gruppo di controllo composto da tecnici sanitari e da cittadini con l’impegno di tenere aggiornate la stampa e la cittadinanza riguardo alla situazione a alle iniziative prese per migliorare le cose».
È stata poi la volta dei candidati. Paolo Minotto, vive da vicino le difficoltà della sanità altogardesana: «Da persona che purtroppo ha spesso a che fare col mondo della sanità e dell’assistenza trentine devo dire che negli ultimi anni ho riscontrato notevoli peggioramenti e un’evoluzione, lenta ma costante, verso il sistema lombardo, dove il pubblico è di fatto colonizzato dal privato. Se uno ha i soldi si salva, altrimenti, auguri. Questo è profondamente ingiusto. A ciascun cittadino vanno garantite cura e assistenza adeguate e quando ciò non avviene bisognerebbe intervenire. La realtà di fronte alla quale ci troviamo, ad esempio nell’Alto Garda, è però diversa. Il personale sanitario e dell’assistenza fa un lavoro egregio, ma è costretto a fare i conti con stipendi da fame e risorse inadeguate. La conseguenza è l’aumento delle code, dei tempi d’attesa e della tendenza a indurre il paziente a rivolgersi al privato richiedendo prestazioni a pagamento. A questo modello basato su risorse scarse e mal gestite va ad aggiungersi la cattiva programmazione, basti pensare alle migliaia di medici di base, ovvero il primo baluardo a tutela della salute pubblica, che sono in procinto di andare in pensione e che non si sa bene come sostituire. Discorso simile vale per i cosiddetti OSS, dei quali ad esempio ci sarebbe un enorme bisogno nel mondo dell’assistenza dell’Alto Garda. Si tratta di persone che, nonostante la preparazione e il sacrificio personale, ricevono delle paghe inadeguate, nessuna o pochissime certezze sull’occupazione e che devono sottoporsi a corsi impegnativi da un punto di vista dello studio e dell’impatto sulle attività lavorative, senza riscontri reali in termini di ritorno del loro impegno, cosa che induce molti ad abbandonare gli studi, acuendo quindi il problema della carenza di personale qualificato. Non finisce qui. In Trentino, pur a fronte di un sensibile aumento dell’età media della popolazione le case di riposo chiudono i reparti e in compenso aprono quelle private, cui solo i ricchi possono permettersi di accedere. Al tempo stesso l’ospedale di Arco, pur di recente ristrutturazione, sta venendo trasformato in un grande pronto soccorso che non ha il personale per far fronte alle esigenze di una realtà come l’Alto Garda, specie se si considera l’impatto della popolazione turistica sul territorio. Quello che è importante capire è che le responsabilità vengono da lontano. Se da un lato la destra che ha governato negli ultimi 5 anni ha agito scientemente per depotenziare la sanità pubblica, dall’altro questa tendenza è stata inaugurata dal centrosinistra sin dai tempi dell’assessore Rossi. Invertire la rotta è necessario ed è anche possibile. Serve però avere la volontà di farlo. Il M5S vuole investire nella sanità e nell’assistenza pubbliche, per garantire a tutti il diritto alla salute. Le altre forze politiche hanno invece creato e acuito il problema ed è impossibile credere che cambieranno una rotta che loro stessi hanno imposto».
Lorenza Pedrini ha invece portato il punto di vista di chi opera da anni nel settore sanitario: «Io dal 1984 a oggi ho sempre visto gli operatori sanitari correre e farsi in quattro, spesso motivati dal solo senso di responsabilità che li ha indotti a garantire il servizio a prescindere dalle difficoltà lavorative. Corriamo talmente tanto che forse potrebbero darci una medaglia come podisti. Purtroppo la verità è che si fa poco per rendere più semplice la nostra attività. Non penso solo agli stipendi ma ad apparenti banalità come ad esempio l’accesso ai centri urbani nell’ambito dell’assistenza domiciliare, che è spesso lento e difficoltoso e che in alcuni casi ha persino portato alcuni colleghi a venire multati per aver effettuato interventi in emergenza. La verità è che il personale sanitario va valorizzato e sostenuto. Ci troviamo spesso ad avere a che fare con situazioni umanamente difficili, di grande dolore e sofferenza. Confrontarci con bambini affetti da sindromi tumorali o con persone a fine vita, pesa su molti di noi. Servono impegni per valorizzare l’attività del personale, ad esempio tramite sostegno psicologico agli operatori e l’attivazione di gruppi di auto mutuo aiuto. Se vogliamo che gli operatori della sanità trentina diano il massimo dobbiamo anche metterli in condizione di rendere il massimo».
Tranchant il giudizio di Andrea Matteotti, già consigliere comunale a Riva del Garda: «Siamo di fronte ad una privatizzazione strisciante della sanità pubblica – dice – quando per una visita dall’oculista ti serve attendere un anno nel pubblico e meno di 15 giorni nel privato a pagamento cosa pensiamo che faccia una persona con un problema di vista? Si adatta e paga, se non può soffre. E poi magari finisce dallo stesso professionista che lo avrebbe dovuto visitare nel pubblico. Siamo dunque di fronte ad un problema non solo di risorse ma anche di natura organizzativa. La sanità non funziona perché non la si vuole fare funzionare. La situazione è nota da tempo ma le giunte provinciali, l’attuale e le precedenti, non l’hanno mai voluta affrontare seriamente. Di certo in una situazione come quella che stiamo vivendo a guadagnarci non è il sistema pubblico e nemmeno la cittadinanza ma chi offre servizi sanitari a scopo di lucro. Persone che spesso hanno voce in capitolo riguardo alle scelte che la politica assume in ambito sanitario. Il benessere non deriva solo dal diritto alla salute ma anche dal poter vivere in un ambiente sano. Pensiamo all’inquinamento. Ormai Riva è assediata dal traffico, ma invece di pensare a ridurre i tubi di scappamento si agisce per aumentarli. Poi in Italia ogni anno abbiamo decine di migliaia di morti causati da inquinamento ma non se ne parla perché è tabù e si disturba l’economia. Lo stesso vale per l’inceneritore che si vuole realizzare in trentino dopo che ne esiste già uno in Alto Adige. Non si tiene conto degli effetti potenziali per la salute delle persone ma solo del ritorno economico per l’edificazione della struttura e per le economie generabili tramite l’incenerimento dei rifiuti, che tra l’altro avranno la conseguenza di inficiare l’efficacia del sistema di raccolta differenziata provinciale».
Infine Giulio Angelini che è partito da un aneddoto personale: «L’estate scorsa ho avuto un calcolo renale e sono arrivato al pronto soccorso di Arco. Mi sono trovato di fronte ad una situazione tragica. Il personale che valorosamente cercava di far fronte alle esigenze di decine e decine di persone sofferenti. Era chiaro che eravamo di fronte ad un sistema al collasso o quasi, tenuto in piedi da operatori lasciati soli. Mi sono chiesto se la politica di questi ultimi anni non si fosse accorta che c’era un problema. Evidentemente no. Ecco spiegato perché chi può scappa dal pubblico e si rivolge al privato: il primo viene messo in condizione di non poter performare adeguatamente e quindi si crea artificialmente spazio per il secondo. Bisogna dunque investire risorse, rivedere i modelli organizzativi ma soprattutto bisogna lavorare sul benessere dei cittadini, valorizzando le strutture sportive che in Trentino non mancano e spingendo la popolazione a mettere in atto stili di vita che permettano di vivere bene e a lungo nella nostra Provincia».


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