Lago d’Idro, il prezzo della resa: dieci milioni in cambio del silenzio

Il lago d’Idro nel 2004: un incubo che potrebbe diventare nuovamente realtà

Riprendendo l’intervento del Sindaco di Idro, Aldo Armani, in occasione dell’incontro pubblico del 30 giugno scorso, ritengo sia giunto il momento di rendere conto con precisione alla cittadinanza delle cifre e delle modalità con cui gli enti locali lacustri hanno rinunciato preventivamente a ogni azione di tutela degli equilibri ecologici del lago d’Idro.

Tutto ha inizio l’8 agosto 2012, quando la Giunta regionale lombarda approvò un Accordo di Programma per la realizzazione delle opere di valorizzazione del lago d’Idro” (AdP), stipulato con i Comuni di Bagolino e Lavenone e, successivamente, anche con il Comune di Anfo. L’unico Comune che decise di non aderire fu Idro, che mantenne una posizione coerente e contraria alla logica di scambio sottesa all’accordo.

Il testo dell’Accordo era apparentemente volto alla “valorizzazione ambientale e culturale” dell’area, ma nella realtà condizionava pesantemente le amministrazioni comunali. Infatti, l’articolo 3 dell’AdP conteneva un passaggio tanto chiaro quanto inquietante: se il progetto di “messa in sicurezza” del lago non fosse stato approvato o attuato per causa attribuibile ai Comuni, questi avrebbero dovuto restituire i fondi ricevuti. Una condizione che ha di fatto neutralizzato ogni possibilità di dissenso o tutela attiva da parte degli enti firmatari.

Nel dettaglio, la Regione Lombardia si impegnava a finanziare, tramite il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR 2007-2013), interventi per un totale di 10.250.000 euro, destinati ai Comuni sottoscrittori:

  • Bagolino ha ottenuto 3 milioni di euro per opere ciclabili, museali e ambientali, tra cui il restauro della chiesa medievale in San Giacomo e la riqualificazione delle spiagge del Pian d’Oneda.
  • Lavenone ha ricevuto 1.130.000 euro per un sistema ciclopedonale ad anello e una struttura turistico-culturale con archivio storico del lago.
  • Anfo, aderendo nel 2013, ha avuto accesso a fondi per la riqualificazione della Rocca d’Anfo, ritirando in cambio i propri ricorsi contro le opere di regolazione del lago.

In sostanza, i Comuni hanno “barattato” la loro autonomia e funzione di presidio ambientale con una serie di progetti pubblici finanziati attraverso fondi europei – risorse che, secondo la logica e la normativa europea, dovrebbero essere impiegate nel rispetto delle direttive comunitarie, come la Direttiva Acque, la Direttiva Habitat e le norme sulla Valutazione di Impatto Ambientale.

Quello che oggi nel linguaggio tecnico viene chiamato con disinvoltura “nuove opere di svaso per la regolazione del lago”, altro non è che l’esito di un processo politico-amministrativo che ha costretto le istituzioni locali a rinunciare al proprio ruolo di garanzia democratica e ambientale.
Non si è trattato di condivisione, ma di imposizione. Non di sviluppo sostenibile, ma di un compromesso dettato dalla disparità di potere.

L’accordo del 2012 rappresenta un precedente pericoloso: ha prodotto un condizionamento inaccettabile delle amministrazioni comunali, riducendole a meri beneficiari subordinati a un disegno regionale già deciso, e ha posto le basi per una regressione dello stato di diritto in ambito locale.

La compressione dell’autonomia politica dei Comuni – già fragili nei bilanci e nella progettualità – è stata possibile attraverso la leva economica, vincolando i finanziamenti alla rinuncia a un’opposizione legittima. Una pratica che viola palesemente gli articoli 8 e 9 della Carta europea dell’autonomia locale, che impongono controlli proporzionati e il rispetto dell’autonomia finanziaria degli enti.

Ormai appare chiaro a tutti che per i “ras locali” lo stato di diritto è un optional. Ma noi non possiamo accettarlo come un destino ineluttabile. Per questo è necessario continuare a denunciare, documentare e agire affinché si affermi il principio secondo cui le scelte ambientali devono rimanere nelle mani dei cittadini e delle loro istituzioni, non nei cassetti di accordi opachi.

* Lettera inviata a Vallesabbianews e al quotidiano Il T sabato 5 luglio 2025, ad oggi non pubblicata

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