Un voto di solidarietà, un dilemma di responsabilità

Nei giorni scorsi gli iscritti al Movimento 5 Stelle si sono espressi su un quesito molto chiaro: destinare fino a un milione di euro delle restituzioni dei parlamentari e dei consiglieri regionali per finanziare aiuti umanitari alla popolazione palestinese nella Striscia di Gaza, tramite l’associazione Music for Peace.

Hanno partecipato al voto 25.664 iscritti (su 100.538 aventi diritto). Il risultato è stato schiacciante: 24.479 sì e appena 1.185 no. Da iscritto, ho votato senza esitazione a favore: di fronte a una crisi umanitaria di queste dimensioni, quale altra scelta sarebbe stata possibile?

Eppure questo voto apre un dilemma etico non secondario.
Gli stipendi dei rappresentanti politici sono elevati per precise ragioni: garantire indipendenza da condizionamenti economici, resistere ad attacchi giudiziari o mediatici, affrontare poteri enormi che un singolo eletto da solo non può controbilanciare. Il Movimento 5 Stelle, sin dalla sua nascita, ha scelto una strada diversa: tagliare le indennità e restituire parte delle risorse, per dare un segnale di rottura rispetto alla politica vissuta come arricchimento personale. Una scelta coerente e simbolicamente forte.

Ma questa opzione, sul piano pratico, comporta conseguenze. Un’organizzazione politica ha bisogno di risorse economiche e umane per essere efficace. Gli altri partiti raccolgono fondi da grandi gruppi industriali, finanziari e mediatici, dispongono di strutture di comunicazione potenti, di personale qualificato, di reti clientelari consolidate. Il M5S, invece, paga il prezzo di scelte eticamente ineccepibili ma che limitano la capacità di costruire un’organizzazione stabile, con dirigenti e quadri in grado di sostenere l’elaborazione politica e l’azione sui territori.

Nei contesti locali, dove si misura la qualità del buon governo, la scarsità di risorse rende difficile mantenere il contatto con gli elettori, dare risposte rapide, organizzare iniziative durature.

Ecco allora il paradosso: se le stesse risorse oggi destinate a finalità nobili e solidali fossero impiegate per rafforzare la struttura del Movimento, forse si potrebbe sostenere con più forza e più continuità anche la causa della pace in Palestina.

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