Commento a editoriale di Faustini: la coerenza di correre soli è scelta programmatica

Caro direttore Alberto Faustini

ho apprezzato la schiettezza della Sua analisi critica sulle dinamiche elettorali pubblicata nell’editoriale odierno del Trentino. Ha il pregio di permettere all’elettorale di farsi un’idea d’insieme sulla frenesia della situazione attuale. Mi permetta però di replicare riguardo alle considerazioni che fa sul MoVimento 5 Stelle. Trovo infatti necessario fare chiarezza sia in merito alla dicotonomia coalizione-alleanza, spesso oggetto di malintesi, che al concetto di “coerenza”.

Il mio personale parere, che peraltro mi pare rifletta la posizione maggioritaria all’interno del M5S, si basa sulla convinzione che le alleanze elettorali non siano costituite con il fine di perseguire il buon andamento istituzionale nell’interesse della collettività ma servano eminentemente alla funzione di conquista e spartizione del potere. Le alleanze elettorali fra partiti ben di rado rispecchiano reale comunanza di idee ed intenti ma molto spesso assolvono alla funzione di “grimaldello” atto a garantire il successo elettorale a prescindere dal merito. Detto in maniera ancora più franca, pur di ottenere i voti necessari a conseguire l’agognata poltrona certo personale politico è disposto a qualsiasi piroetta ed alleanza. Una volta ottenuto il potere lo scopo diventa il suo mantenimento e la mietitura dei “compensi” che ciò implica, non certo il buon governo che immancabilmente si promette nella fase elettorale. Di conseguenza ritengo abbia molto più senso un’alleanza di programma di governo nel rispetto del voto popolare, meno ipocrita e più onesta nei confronti degli cittadini che si sono recati alle urne. D’altra parte, se altri stati prevedono coalizioni parlamentari da costruirsi successivamente al voto sulla base di un programma condiviso – penso ad esempio a Spagna, Austria, Germania, Svizzera o Belgio – credo che vi sia una ragione che attiene proprio alla qualità degli assetti istituzionali.

Se proprio si volessero fare delle alleanze, esse dovrebbero riguardare le cose da fare e non lo stare in piedi per “okkupare” le assemblee. Concetto difficile da comprendere di questi tempi. La cultura maggioritaria del “chi vince (anche solo per una manciata di voti) comanda” ha azzerato l’approccio collegiale caratteristico dei sistemi proporzionali dove lo scopo di fornire un miglior servizio per le persone attraverso la realizzazione di un contratto di governo è preminente rispetto alla tenuta del cartello elettorale. E infatti i risultati (per la comunità trentina) NON arrivano.

Inoltre, caro direttore, quello che Lei non considera nell’editoriale, immagino anche per limiti di spazio, è l’affidabilità inerente alla gestione di un’accozzaglia di soggetti con programmi diversi. Prendiamo ad esempio la destra che in molti danno in “pole position” per la vittoria finale. Con un carro composto da ben 9 liste avrà a disposizione un truppa di circa 300 candidati, anche molto diversi fra loro, con l’unico interesse comune di prendersi un pezzo dell’onda del successo. Se davvero vincesse, il primo problema sarebbe quello di spartirsi gli incarichi e “far contenti” tutti gli appetiti, magari rimangiandosi la parola per formare nuovi equilibri “in corso d’opera”, allo scopo di massimizzare i vantaggi dei singoli eletti o dei partiti che li esprimono. Guardando nel campo contiguo, allo stato non sappiamo quante saranno le liste a supporto della sinistra ma abbiamo visto con quali difficoltà abbiano governato in questi ultimi 5 anni, e questo tacendo delle convulse lotte intestine fra i loro eletti (un esempio su tutti Zeni che prende il posto alla Borgonovo Re). Quanto ai cosiddetti “civici”, basta un minimo di fact-checking per rendersi conto di come di nuovo non abbiano proprio nulla e di come ad accomunarli ci sia solo l’antica arte del trasformismo. A fronte di scenari così desolanti, quali sarebbero i vantaggi per i cittadini ad essere governati da “alleanze” (o “cartelli elettorali”?) prive di una qualsiasi visione comune di sviluppo e gioco forza portatrici di comportamenti incoerenti rispetto alle promesse elettorali?

Il M5S non fa coalizioni, ma al limite, dopo che la volontà popolare ha trovato espressione tramite le elezioni, può sottoscrivere un contratto di governo, al quale si atterrà con rigore. Un comportamento che ritengo molto più serio dell’ associarsi a priori su qualcosa che come sappiamo bene starà in piedi solo in base alla convenienza di ciascun “partner” a spartirsi poltrone. Il M5S si candida per portare il cambiamento, e questo non è un obiettivo che si possa raggiungere accompagnandosi a chi ha governato il Trentino all’insegna delle consorterie e del consociativismo per 20 anni, oppure a chi ha scelto di allearsi con i cascami dell’attuale regime, tipo Grisenti o l’infinita diaspora delle sigle ex democristiane o ex Forza Italia, o, a quanto pare, ex PD. A tal riguardo va detto che in democrazia magari non si vince subito, ma come ha dimostrato l’azione del consigliere Filippo Degasperi, facendo un’opposizione come si deve si impediscono le peggiori storture da parte di chi gestisce il potere, tutelando i cittadini dagli abusi e proponendo contestualmente alternative che molto spesso sono accolte dall’assemblea per il loro innegabile valore.

Nel presentarsi agli elettori, la coerenza non è dunque solo un valore astratto o peggio un contentino per anime belle, ignare della cruda realtà della politica, quanto piuttosto una scelta programmatica che risponde a precise funzioni di efficienza e correttezza nei confronti del mandato elettorale chiesto e ricevuto.

Editoriale del 26/8/2018
20180826_editoriale Faustini

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