Lettera di replica all’articolo pubblicato domenica 29 giugno su L’Adige “Chiese, ci siamo: parte il contratto di fiume“ (immagine a piè di pagina):
L’articolo di Giuliano Beltrami, pubblicato su L’Adige domenica 29 giugno, ha il merito di offrire una ricostruzione cronachistica puntuale dell’incontro promosso dal Bim del Chiese sul tema del Contratto di Fiume. Tuttavia, proprio perché si limita a riportare senza contraddittorio le dichiarazioni dei sindaci e degli amministratori coinvolti, finisce per amplificare una narrazione autocelebrativa e distorta della realtà.
I sindaci lacustri e i vertici del Bim del Chiese, che oggi si ergono a promotori di “processi partecipati” e “visione comune”, sono in realtà gli stessi soggetti che per anni hanno ignorato, deriso o ostacolato ogni proposta di monitoraggio e gestione interregionale condivisa avanzata dalle associazioni ambientaliste e da svariati rappresentanti istituzionali.
Un percorso concreto che le realtà civiche portano avanti da decenni con metodo e costanza sia in Lombardia che in Trentino, ricevendo in cambio porte chiuse e indifferenza.
Fa sorridere – amaramente – che solo ora, a progetti ormai approvati e cantieri alle porte, si parli di coinvolgimento, co-decisione e trasparenza. Ma il Contratto di Fiume andava proposto prima, quando le regole di gestione del lago potevano ancora essere co-costruite e condivise. Non senza il coinvolgimento delle associazioni e non dopo aver venduto il territorio per qualche miserabile tornaconto locale, presumibilmente scambiando il consenso per compensazioni o visibilità politica.
La realtà è che questi amministratori se la suonano e se la cantano da soli, rappresentando un grumo di potere chiuso e autoreferenziale che ha scientificamente escluso i soggetti più attivi e preparati del territorio: le associazioni ambientaliste, i comuni critici come quello di Idro, e i cittadini consapevoli.
L’associazione Amici della Terra Lago d’Idro e Valle Sabbia, all’interno della Federazione delle associazioni che amano il fiume Chiese e il suo lago, ha dimostrato negli anni e con i fatti di saper aggregare interessi diffusi, promuovere la partecipazione civica, produrre documentazione, avanzare proposte concrete, attivare istituzioni a ogni livello dal locale all’Europa. Ha fatto tutto ciò che la politica avrebbe dovuto fare e non ha fatto.
Il paradosso è che oggi si tenta di capovolgere la realtà: si accusano le associazioni di essere ideologiche o “massimaliste”, mentre si maschera da percorso inclusivo un processo calato dall’alto, senza trasparenza, senza confronto, senza opposizione legittimata.
Se davvero si vuole costruire un Contratto di Fiume degno di questo nome, il primo passo è riconoscere gli errori compiuti, ristabilire un perimetro democratico e pluralista e sospendere l’iter delle opere fino a quando non sarà garantita una partecipazione reale, non solo sulla carta.
Altrimenti, non ci troveremo di fronte a uno strumento di pianificazione condivisa, ma all’ennesimo simulacro utile solo a giustificare decisioni già prese.
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Tutti vorremmo salvare il lago che è un patrimonio delle comunità rivierasche, però visto che c è sempre un però, in trentino hanno fatto dei lavori per lo sdoppiamento delle acque bianche e nere, con annesso depuratore, ma a Ponte caffaro non vedo né sdoppiamento ne depuratore che funzioni, visto che molte fognature vanno ancora nel lago, allora prima cominciamo a fare questo poi se ne può parlare.