Nuove opere di regolazione del Lago d’Idro: trasparenza e partecipazione mancata degli enti locali nella proroga della VIA

Il Lago d’Idro, un autentico gioiello naturale del nostro territorio, continua a essere teatro di controversie che intrecciano tutela ambientale e progetti infrastrutturali. L’ultima vicenda riguarda la proroga del provvedimento di Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA) per nuove opere di regolazione idraulica. Questa decisione, adottata senza coinvolgere formalmente gli enti locali, solleva interrogativi sulla trasparenza e sulla rappresentanza delle comunità interessate.

Attraverso una serie richieste di accesso alle informazioni ambientali e un’attenta analisi della documentazione ufficiale, è emerso che le amministrazioni comunali non sono state formalmente informate dell’apertura della procedura di proroga. Inoltre, nessuna osservazione è stata presentata da parte loro durante l’istruttoria del Ministero dell’Ambiente, nonostante l’impatto significativo del progetto in discussione.

Tuttavia, non si può ignorare che gli amministratori degli enti delle comunità locali rivierasche erano a conoscenza, almeno informalmente, del procedimento. Gli stessi sindaci dei comuni di Anfo, Bagolino e Bondone, tramite un comunicato diramato dal presidente del Consorzio Bim del Chiese, Claudio Cortella, hanno infatti dichiarato di essersi recati a Roma nel maggio 2023 (proprio nel periodo in cui era in corso l’istruttoria della VIA) per discutere la questione con i funzionari del Ministero dell’Ambiente e di aver rivendicato in quella sede la massima visibilità istituzionale alla questione. Se erano informati, perché non hanno agito per tutelare gli interessi delle loro comunità? La loro passività lascia spazio a legittimi dubbi sul ruolo effettivo che hanno svolto.

La Convenzione scaduta e il “protocollo operativo” mai attuato

A peggiorare la situazione, la Convenzione tra Regione Lombardia, AIPO e Comunità Montana Valle Sabbia per la revisione e la validazione del progetto è scaduta nell’ottobre 2023 senza essere rinnovata. Inoltre, l’Accordo operativo previsto dalla stessa convenzione non è mai stato sottoscritto, lasciando un vuoto procedurale che ha contribuito a una gestione opaca dell’intero processo, posto che tramite l’attuazione dell’accordo la Comunità Montana di Valle Sabbia si sarebbe assunta la responsabilità delle relazioni istituzionali con le province interessate e le amministrazioni locali dell’intero bacino del Chiese e dei rapporti con gli stakeholders in raccordo con il Commissario governativo e il Referente operativo per il progetto.

Risposte degli enti locali interpellati

I dubbi sulla corretta applicazione della normativa e la mancata consultazione pubblica nella proroga della VIA

Peraltro, la VIA del 2013 era già stata prorogata nel 2019. Tuttavia, come evidenziato dal giurista ambientale Marco Grondacci, l’articolo 25 del d.lgs. 152/2006 non prevede più di una proroga, rendendo questa seconda estensione un’evidente violazione della norma. È inoltre irragionevole supporre che il contesto ambientale non abbia subito significativi cambiamenti in oltre 11 anni, vanificando la ratio della disposizione legislativa. A sostegno di questa tesi, risulta che nel 2015 l’autorità competente aveva riscontrato una non ottemperanza alle prescrizioni del 2013, costringendo i proponenti a presentare integrazioni progettuali. Tali integrazioni, però, non sono contemplate dall’articolo 25, che stabilisce chiaramente che eventuali proroghe non possano introdurre prescrizioni diverse o ulteriori rispetto al provvedimento originario, salvo mutamenti del contesto ambientale o modifiche progettuali. Di conseguenza, sarebbe stato necessario riaprire almeno la fase di consultazione, coinvolgendo sia gli enti territorialmente interessati sia il pubblico, per garantire la trasparenza e la legittimità del procedimento. Situazione che però non si è verificata anche per una chiara volontà politica della giunta regionale lombarda come specificato dall’assessore al territorio e ai sistemi verdi Comazzi.

Una questione di responsabilità

La gestione di questa vicenda evidenzia una grave carenza di trasparenza e partecipazione, aggravata dall’atteggiamento passivo degli amministratori locali. Anche senza un invito formale a contribuire, i sindaci avrebbero potuto e dovuto agire per garantire un confronto pubblico, una maggiore tutela dell’ambiente e una rappresentanza più attiva delle comunità.

Il caso del Lago d’Idro dimostra ancora una volta l’urgenza di ripensare i meccanismi decisionali che riguardano il nostro patrimonio naturale e le grandi opere infrastrutturali. La partecipazione pubblica e la trasparenza non possono essere considerate facoltative, ma devono costituire pilastri irrinunciabili di ogni azione amministrativa, nel rispetto del diritto internazionale e di un uso oculato delle risorse pubbliche. Solo con una stretta collaborazione tra istituzioni locali e cittadini si possono prevenire decisioni calate dall’alto, spesso volte a soddisfare interessi particolari, che rischiano di compromettere l’equilibrio ambientale e di minare ulteriormente la fiducia nelle istituzioni.

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