* lettera pubblicata dal Corriere del Trentino domenica 28 aprile 2019
Darzo, 26 aprile 2019 – Ieri si è festeggiata la Liberazione. Si commemora un evento storico avvenuto 74 anni fa, certo, ma al di là del fatto in sé il 25 aprile ha davvero valore se se ne apprende il lascito profondo. Le libertà civili non sono dati acquisiti. Affinché permangano vanno coltivate quotidianamente e per farlo bisogna che i cittadini siano coinvolti nella gestione di ciò che a loro appartiene, cioè dello Stato.
Il senso civico non è qualcosa che si possiede a priori. Va appreso, praticato. Corre il rischio di essere eroso e cancellato se non è tenuto vivo tramite pratiche virtuose. In questo senso è fondamentale che i cittadini siano posti al centro della vita politica del Paese. Infatti, se vengono messi in secondo piano e costretti a rimanere passivi le loro virtù civili rinsecchiscono ed essi diventano sempre meno responsabili nei confronti gli uni degli altri e della comunità allargata di cui fanno parte. La partecipazione popolare, diretta e tramite i corpi intermedi rimane pertanto un elemento fondamentale della democrazia. Senza partecipazione non si sviluppa la responsabilità dell’individuo come soggetto attivo all’interno della comunità. Solo con cittadini responsabili in grado di interagire tra di loro in maniera virtuosa si possono salvaguardare e promuovere i diritti fondamentali che sono l’essenza della nostra democrazia e il fondamento su cui costruire un futuro prospero e felice per la Terra e l’umanità intera che la popola.
Il 25 aprile del 1945 nessuno si sarebbe sognato di dare dei “populisti” ai tanti cittadini scesi in piazza per festeggiare la liberazione dalla dittatura, né tanto meno qualcuno avrebbe osato dissertare sulle supposte virtù della democrazia rappresentativa artificiosamente contrapposta a quella diretta. Del resto la Liberazione fu resa possibile nei termini in cui si realizzò anche perché molti cittadini decisero di agire direttamente, invece di restare passivi in attesa di qualcuno che facesse le cose per conto loro. Negli anni terribili seguiti all’8 settembre del 1943 furono proprio tante persone comuni, spessissimo di umili origini ad agire per difendere l’onore d’Italia macchiato dalla viltà dei massimi rappresentanti dello Stato. Qualcuno prese le armi, altri insorsero ribellandosi ai tedeschi, altri ancora scioperarono, quando fu necessario difesero le fabbriche dalla spoliazione e sabotarono come poterono la macchina bellica nazifascista accelerandone la caduta. La Liberazione non è dunque la festa dei rappresentanti e nemmeno dei rappresentati. È la festa di chi ha agito e rischiato in proprio per difendere un’idea di Libertà.
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