Nel 2019 con una puntuale e documentata interrogazione che presentai sulla base degli elementi che mi furono forniti da alcuni cittadini attivi di Brescia, portai all’attenzione dell’opinione pubblica la vicenda del trasporto irregolare di materiale contaminato dal Parco Parenzo di Brescia alla discarica di Villa Agnedo nel comune di Castel Ivano in Valsugana. Il Parco Parenzo è contiguo al sito di interesse nazionale (SIN) dello stabilimento della ex Caffaro di Brescia ed è dunque una di quelle aree oggi interessate dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’UE. Dei 453 milioni di euro che multinazionale Livanova dovrà sborsare per bonificare le aree dall’inquinamento, infatti, circa 250 sono destinati appunto all’area bresciana per ripulirla da Pcb, cromo esavalente, mercurio, arsenico e veleni vari che erano stati rilasciati per decenni dalla ex Caffaro e che dispersi in rogge e terreni della zona avevano determinato uno dei disastri ambientali più gravi d’Italia.
L’azione politica che avviai nel 2019 proseguì con la presentazione di una serie di interrogazioni alle quali non ricevetti mai nessuna risposta esaustiva da parte della Giunta provinciale. I vertici delle strutture amministrative provinciali anziché cercare di fare chiarezza si chiusero a riccio. Al silenzio delle istituzioni provinciali fecero da contraltare le minacce degli avversari politici e dei professionisti che avevano interessi diretti nella vicenda e che non esitarono ad attaccarmi a mezzo stampa. In compenso le informazioni contenute negli atti politici fornirono elementi utili agli inquirenti per aprire il vaso di pandora sulle operazioni illecite di conferimento e gestione dei rifiuti che, con la presunta compiacenza di funzionari pubblici provinciali, si svolgevano presso la discarica. Nel 2021 fu avviato un procedimento giudiziario che portò al sequestro dell’impianto. Furono coinvolti un paio di dirigenti che ricoprivano ruoli strategici nel settore della tutela ambientale della Provincia di Trento oltre agli amministratori della società che al tempo gestivano le operazioni.
La storia trentina però finisce già nel 2021. La sentenza della Corte di Giustizia europea, infatti, non cambia di una virgola la situazione trentina. La Provincia e il comune di Castel Ivano hanno optato per non costituirsi parte civile nel procedimento giudiziario mentre, come avevamo previsto, la mia richiesta di costituirmi in sostituzione degli enti locali fu respinta senza tanti convenevoli . I dirigenti pubblici coinvolti nella vicenda continuano a ricoprire posizioni di vertice all’interno dell’amministrazione provinciale e a ricevere incarichi di prestigio. Infine, il procedimento giudiziario, dopo l’azzeramento di tutte le fasi del dibattimento per una questione di incompatibilità di uno dei componenti del collegio giudicante, è destinato ad infrangersi contro i termini per la prescrizione.
Alla luce della sentenza di portata storica della Corte di Giustizia europea nei confronti della multinazionale Livanova e nella speranza che nel corso della bonifica dello stabilimento della ex Caffaro e dei terreni circostanti il Trentino non ritorni ad essere la pattumiera dei rifiuti nocivi lombardi, è grande la soddisfazione di aver contribuito ad individuare una grossa falla nel sistema delle autorizzazioni e dei controlli ambientali vigenti in Trentino e di aver bloccato il rivolo di un business dalle dimensioni abnormi. Rimangono comunque grossi dubbi sulla tenuta del sistema istituzionale trentino e sulla capacità dell’organizzazione burocratica provinciale di isolare e limitare i comportamenti pregiudizievoli al buon governo e all’ecosistema come quelli messi in evidenza dall’azione politica del M5S nella passata consiliatura.


Encomiabile la tua perseveranza. Non così, come tu sai, quella di alcuni bresciani. Complimenti Alex