Il provvedimento che prevede la gratuità nell’utilizzo dei mezzi pubblici a favore dei pensionati con più di 70 anni di età è una misura di progresso sociale, e questo va affermato con onesta intellettuale prescindendo da ogni valutazione politica sulle forze che hanno presentato la norma.
Se guardiamo al provvedimento proposto va ammesso come per certi aspetti si tratti di una pietra miliare calata nel contesto della realtà trentina. Se approvata, la norma porrà in essere le condizioni per una rivisitazione completa del sistema di tariffazione e ciò potrà aiutare a indirizzare sempre più persone dall’utilizzo dei mezzi di trasporto privati a quelli pubblici. Se ciò avverrà, è presumibile gli effetti positivi sul sistema dei trasporti, economia e ambiente possano essere notevoli. Come ovvio, infatti, un minor utilizzo di mezzi privati consentirebbe di ridurre la congestione sulle strade, le emissioni inquinanti e di migliorare l’efficienza energetica nello spostamento delle persone sul territorio.
Va inoltre tenuto in considerazione il costo sociale degli incidenti stradali che secondo il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti si calcola in decine di miliardi di euro all’anno, sia per le lesioni e la perdita di vite umane che per le conseguenze in termini di dolore e sofferenze per i familiari. Ad esempio il costo sociale medio per ogni morte causata da incidenti stradali è stato calcolato dal MIT in più di 1,5 milioni di euro, un valore che considera la spesa sanitaria, la mancata produttività e i danni non patrimoniali. Numeri da capogiro, che possono essere ridotti drasticamente con politiche pubbliche che favoriscano l’utilizzo del trasporto pubblico.
Alle precedenti considerazioni dobbiamo aggiungere che la classe degli automobilisti anziani ha una propensione più alta ad essere coinvolta in incidenti stradali. Ciò ad esempio avviene per via del deficit nei riflessi e nelle funzioni esecutive, entrambe calanti al crescere dell’età. A causa della tendenza generale all’invecchiamento della popolazione questa classe di automobilisti è destinata ad aumentare di numero negli anni a venire. Credo pertanto che tutte le misure che agevolino il passaggio dall’uso del mezzo privato a quello pubblico debbano essere tendenzialmente accolte con giudizio positivo.
Alcune forze politiche e sindacati hanno criticato la misura adottata per via di una sua supposta iniquità. Alcuni pensionati, si dice, avrebbero redditi sufficienti per pagarsi il biglietto della corriera o del bus. In tutta onestà, mi paiono obbiezioni speciose e animate da ragioni politiche più che dalla logica. Mi spiego.
I pensionati al minimo sono numerosi e in continuo aumento. La norma proposta potrà andare a sostenerli anche da un punto di vista reddituale, il che appare come un effetto assai desiderabile.
I pensionati dotati di alti redditi ben difficilmente sceglieranno l’utilizzo dei mezzi di trasporto pubblici a prescindere dalla loro gratuità. È un peccato, ma proprio la ricchezza di cui dispongono renderà loro più agevoli scelte diverse. Il “rischio iniquità” paventato sembra dunque assai lontano dal sostanziarsi nella realtà.
Infine sono costretto a notare come le critiche rivolte al provvedimento (vedi dichiarazione su L’Adige del 27.01.2019) provengano in gran parte da chi si indigna lancia strali di ogni genere quando viene proposto di limitare gli aumenti per le pensioni i cui importi superino più di 5 volte quelli delle pensioni minime. Tutto considerato, sembra proprio che questi soggetti non tengano in alcuna considerazione il concetto di equità sociale ma in compenso abbiano uno spiccato senso per la difesa degli interessi particolari, specie se si tratta di quelli dei ricchi e dei potenti.
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