Cultura e musei. L’indegna apologia del ladro di libri

Oggi ho dovuto commentare per l’ennesima volta le notizie di stampa uscite sulla nomina di Vittorio Sgarbi al MART. Sempre a tema cultura e musei segnalo, invece, un’altra vicenda che da l’idea dello scadimento generale dell’editoria italiana.

E’ una storia che da l’idea dell’inversione valoriale che regna ormai sovrana in Italia anche grazie al supporto più o meno consapevole di uomini dell’Accademia e dell’Editoria. L’ambito riguarda il mondo della cultura e più precisamente una biblioteca storica, vittima di furti di opere. La vicenda è accertata e passata in giudicato con tanto di condanna, ma finiscono con l’occuparsene esimi professori con importanti case editrici al seguito e cosa succede? Rileggono il tutto trasformando il ladro in una sorta di eroe.

Nei mesi scorsi Einaudi ha dato alle stampe un “saggio” di Sergio Luzzato intitolato “Max the Fox o le relazioni pericolose”. Il protagonista del saggio, “Max Fox” (“Max Volpe” in inglese), altri non è che Marino Massimo De Caro, il saccheggiatore della biblioteca dei Girolamini di Napoli, che Luzzato finisce per trasformare in una sorta di “eroe del nostro tempo”. In realtà si tratta di un personaggio condannato in via definitiva per aver trafugato una gran quantità di preziosissime prime edizioni dalla biblioteca della quale era stato nominato direttore dalla politica (ministro Galan, Forza Italia, che nel 2016 avrebbe poi patteggiato una condanna a 2 anni e 10 mesi per corruzione nell’ambito dello scandalo del Mose di Venezia). Per questa stessa vicenda sta per essere processato anche l’ex capo di Galan in Publitalia, Marcello Dell’Utri (altro condannato in via definitiva, stavolta per concorso esterno in associazione mafiosa), cui finirono in mano molti dei libri su cui studiò, fra gli altri, Giovanbattista Vico. Come scrive lo storico dell’arte Tommaso Montanari, la classica “volpe a guardia del pollaio” promossa non si sa come a “eroe”, per la gioia dei tanti alfieri di quel “relativismo amorale” che in Italia ha sempre trovato terreno particolarmente fertile.

Insomma una storia esecrabile di ladrocinio ai danni dello Stato, che dovrebbe far riflettere sul rapporto spesso malato fra la classe politica e i beni pubblici e che invece finisce col glorificare i ladri e di conseguenza mortificare coloro che hanno rischiato da soli per difendere la verità e l’interesse pubblico (in questo caso i bibliotecari, precari, dei Girolamini) .

Per chi volesse approfondire, qui sotto un pezzo di Tommaso Montanari che spiega bene i contorni della vicenda.

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