Di fronte alle lungaggini e alla farraginosità dell’iter per la bonifica delle aree inquinate della Sloi, della Carbochimica e dei terreni adiacenti, le istituzioni locali di paesi come Gran Bretagna, Australia, Germania o Polonia, non esiterebbero a nominare un’assemblea civica di cittadini estratti a sorte (in inglese citizen’s assembly) al fine di elaborare una proposta progettuale in grado di rispondere ai bisogni della comunità e degli ecosistemi. A un simile organo consultivo verrebbe affidato il compito esclusivo di analizzare dati e informazioni, senza distrazioni derivanti da altre questioni attinenti al dibattito pubblico quotidiano. Il solo fine dell’assemblea sarebbe quello di elaborare una serie di possibili interventi da sottoporre al decisore politico per fornire una risposta solida e definitiva alla devastante contaminazione chimica causata dalle iniziative industriali del secolo scorso e per mettere al sicuro, una volta per tutte, la saluta umana.
L’iter per la composizione dell’assemblea civica e per la programmazione dei lavori dovrebbe essere articolato affinché la stessa possa lavorare in condizioni di terzietà e autonomia e considerare con il sufficiente livello di approfondimento la complessità e l’interdipendenza dei fattori ambientali, economici e sociali. La nomina dei componenti dell’assemblea dovrebbe dunque avvenire utilizzando un meccanismo di sorteggio per assicurare a tutti i cittadini la medesima probabilità di essere selezioni e per garantire una rappresentazione in scala ridotta della realtà sociale di riferimento (mini-public). I lavori di indagine e di elaborazione delle proposte progettuali dell’assemblea dovrebbero essere accompagnati da un equipe di facilitatori qualificati e da esperti indipendenti – come ad esempio professori universitari, tecnici, funzionari pubblici, etc. – al fine di ottenere l’indispensabile supporto scientifico per affrontare le singole questioni tecniche, urbanistiche, ecologiche, economiche, etc. senza condizionamenti da parte dei portatori di interessi particolari.
In Trentino, e più in generale in Italia, la cultura democratica è rimasta ferma ai meccanismi dei sistemi rappresentativi di stampo ottocentesco. I tentativi di favorire il progresso in senso partecipativo dei processi decisionali locali promossi nella scorsa consiliatura sono miseramente falliti. A margine di uno specifico disegno di legge sulle assemblee civiche, in Consiglio regionale si erano svolte delle audizioni di alto profilo ed era stato predisposto un dossier con l’obiettivo di modernizzare il codice degli enti locali e di conseguenza gli statuti comunali. Al termine di tale percorso esplorativo, però, non si è registrato alcun tipo di interesse rispetto all’ipotesi di introdurre nell’ordinamento dei comuni del Trentino-Alto Adige innovazioni normative per disciplinare in chiave moderna i processi partecipativi. Nella città di Trento, a dispetto della dappocaggine del legislatore regionale, si potrebbe inventare un cammino democratico originale per rimediare alle decisioni politiche del passato, sia quelle sbagliate che quelle mancate. Lo strumento da utilizzare si chiama assemblea civica. Per capire come funziona basta guardare ai diversi esempi che si moltiplicano nel resto del mondo oppure consultare i documenti dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).
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Intervento pubblicato su Il T il 25 gennaio 2024:


