MISURE DISCRIMINATORIE, DIRETTE O INDIRETTE, AVENTI EFFETTI SULLE CONDIZIONI DI LAVORO PER MOTIVI COLLEGATI DIRETTAMENTE O INDIRETTAMENTE A SEGNALAZIONI DI UN DIPENDENTE PUBBLICO
Con il decreto sindacale n.2 di data 22/03/2017 Roberto Lazzarotto, Segretario Generale della Gestione Associata tra i Comuni di Albiano, Lona – Lases, Segonzano e Sover, è stato nominato Responsabile della prevenzione della corruzione e Responsabile della trasparenza del Comune di Lona – Lases a partire dal 01/02/2017;
con Decreto n. 1 del 24 maggio 2018 il Commissario straordinario, Ivo Ceolan, ha nominato il Vice Segretario generale della Gestione associata Galvagni Marco Responsabile della prevenzione della corruzione e Responsabile della trasparenza del Comune di Lona Lases;
con Decreto n. 4058 di data 07/11/2018 il Sindaco Roberto Dalmonego ha revocato il Decreto del 24/5/2018. Le motivazioni dell’atto del provvedimento riconducono a n.2 sanzioni disciplinari comminate a Marco Galvagni dal responsabile del personale e procedimenti disciplinari Roberto Lazzarotto: una per conto del comune di Albiano in atti con protocollo n.4714 del 5/11/2018 e una per conto del comune di Sover in atti con protocollo n.4715 di data 5/11/18 (nb. nel decreto viene riportata per entrambi i provvedimenti erroneamente la data del 5/11/2011). La revoca dell’incarico è avvenuta ai sensi delle linee guida dell’Autorità Nazionale Anticorruzione e per espressa richiesta di Marco Galvagni;
la notizia della revoca dell’incarico ha suscitato clamore sugli organi di stampa locale (“Due sanzioni disciplinari al vicesegretario «ribelle»” – di G.C. su L’Adige, 23 novembre 2018) poiché si tratterebbe dell’ennesimo di una serie di fatti che a quanto si evince evidenzierebbero una gestione amministrativa non sempre capace di assicurare il buon andamento e l’imparzialità degli uffici oltre a confrontarsi con una situazione socio-economica che appare a dir poco peculiare. A mero titolo esemplificativo, il fatto più recente segnalato riguarda la condanna del Comune di Sover a pagare gli aumenti negati a una dipendente comunale la cui prestazione era stata valutata negativamente in assenza di un contraddittorio svolto nelle modalità previsti dalla legge e la cui irregolarità era stata fatta presente al Comune dallo stesso Galvagni. Va anche dato conto che nei mesi precedenti quest’ultimo evento, l’attenzione dell’opinione pubblica sul contesto sociale dei comuni cembrani di Sover, Segonzano, Albiano e Lona Lases era stata allertata anche dalle relazioni della Commissione Bicamerale Antimafia (“La relazione dell’Antimafia ‘ndrangheta anche in Trentino” – L’Adige, 25 febbraio 2018) e della Direzione Investigativa Antimafia (“Porfido, 870 operazioni bancarie nel mirino della Dia” – Trentino, 3 agosto 2017);
nell’articolo di stampa sopracitato si fa menzione dei rilievi formulati dal vicesegretario Galvagni in ordine ai provvedimenti sanzionatori da lui subiti, che sarebbero stati solo gli ultimi atti di una serie di comportamenti discriminatori e delegittimanti assunti nei suoi confronti dalla collegialità dei sindaci della gestione associata. La descrizione dei fatti riportata nel medesimo articolo sembrerebbe confermare la plausibilità di tali rilievi, soprattutto se rapportata alla diligenza con cui Galvagni ha operato al fine di prevenire la proliferazione di fenomeni di mala gestione amministrativa nei comuni menzionati e che emerge ad esempio dall’ accurata relazione prodotta a margine del PTPC dei comuni associati nel marzo 2017 e citata anche dall’interrogazione n.4-16253 presentata alla Camera dei Deputati l’11 aprile 2017;
con l’entrata in vigore dell’articolo 54-bis (Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti) del decreto legislativo n. 165 del 2001 (Testo unico del pubblico impiego) si prevede una nuova forma di tutela dei dipendenti e dei collaboratori delle imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell’amministrazione pubblica laddove segnalino al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza dell’amministrazione di appartenenza, ovvero all’Anac, o denuncino all’autorità giudiziaria ordinaria o contabile condotte illecite di cui sono venuti a conoscenza in ragione del loro rapporto di lavoro;
l’Autorità Nazionale Anticorruzione, con Determinazione n. 6 del 28 aprile 2015 “Linee guida in materia di tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti (c.d. whistleblower)” (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale serie generale n. 110 del 14 maggio 2015) ha specificato che l’introduzione nell’ordinamento nazionale di un’adeguata tutela del dipendente (pubblico e privato) che segnala condotte illecite dall’interno dell’ambiente di lavoro è prevista in convenzioni internazionali (ONU, OCSE, Consiglio d’Europa) ratificate dall’Italia, oltre che in raccomandazioni dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, talvolta in modo vincolante, altre volte sotto forma di invito ad adempiere;
la legge 6 novembre 2012, n. 190 (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione) ha recepito tali sollecitazioni con la disposizione dell’art. 1, co. 51, che introduce l’art. 54-bis nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), prevedendo che: «fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile, il pubblico dipendente che denuncia all’autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia»;
sempre nella determinazione 6/2015 l’ANAC ritiene che le condotte illecite oggetto delle segnalazioni meritevoli di tutela comprendono non solo l’intera gamma dei delitti contro la pubblica amministrazione di cui al Titolo II, Capo I, del codice penale (ossia le ipotesi di corruzione per l’esercizio della funzione, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e corruzione in atti giudiziari, disciplinate rispettivamente agli artt. 318, 319 e 319-ter del predetto codice), ma anche le situazioni in cui, nel corso dell’attività amministrativa, si riscontri l’abuso da parte di un soggetto del potere a lui affidato al fine di ottenere vantaggi privati, nonché i fatti in cui – a prescindere dalla rilevanza penale – venga in evidenza un malfunzionamento dell’amministrazione a causa dell’uso a fini privati delle funzioni attribuite, ivi compreso l’inquinamento dell’azione amministrativa ab externo. Si pensi, a titolo meramente esemplificativo, ai casi di sprechi, nepotismo, demansionamenti, ripetuto mancato rispetto dei tempi procedimentali, assunzioni non trasparenti, irregolarità contabili, false dichiarazioni, violazione delle norme ambientali e di sicurezza sul lavoro;
appare pacifico che l’impegno lavorativo del vice-segretario Galvagni si sia sempre ispirato al dettato legislativo sopra menzionato segnalando con una certa sistematicità casi caratterizzati da profili dalla dubbia regolarità amministrativa e, quando richiesto dalle autorità, portando la propria testimonianza nelle sedi della giustizia penale, del lavoro o della pubblica contabilità. Il suo operato si è svolto con tutta evidenza nell’interesse oggettivo dell’ordinamento ed è stato funzionale all’emersione dei fenomeni di corruzione e di mala gestio. È altrettanto pacifico che l’operato di Galvagni non sia mai sfociato in casi nei quali sia stata ravvisabile l’ombra della calunnia e della diffamazione o per lo stesso titolo ai sensi dell’art. 2043 del codice civile. Al contrario il comportamento di Galvagni appare esemplare, contraddistinto dalla buona fede e dall’assoluta mancanza della volontà di esporre quello che, nelle norme internazionali, viene definito un “malicius report” (letteralmente “resoconto maligno”, un rapporto effettuato con la volontà di mettere in cattiva luce l’oggetto dello stesso). Al contrario le sue segnalazioni – vedi la relazione a margine del PTPC dei comuni associati del 2017 – si sono sistematicamente ispirate a fatti reali e atti prodotti dalla pubblica amministrazione o dalle autorità statali;
ad avviso degli interroganti ci sono le condizioni per avviare una verifica ispettiva da parte delle autorità competenti al fine di individuare l’adozione di misure discriminatorie, dirette o indirette, aventi effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente a segnalazioni, denunce e testimonianze presentate dal vice-segretario Galvagni nell’esercizio delle sue funzioni di dipendente pubblico e nello specifico di responsabile della trasparenza e della prevenzione della corruzione. Sempre a parere degli interroganti ci sono altresì le condizioni per valutare l’adozione di misure per proteggere il dipendente che, per via delle proprie segnalazioni, ha visto compromesse le proprie condizioni di lavoro e per premiare il comportamento virtuoso dello stesso;
Tutto ciò premesso si interroga la Giunta provinciale per sapere
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quali interventi ritiene intraprendere per garantire la tutela del vice-segretario di Lona Lases e il rispetto del diritto previsto dall’art. art. 54-bis del D.lgs. 165/2001 di fare affidamento su una protezione effettiva ed efficace che gli eviti una esposizione a misure discriminatorie
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se intenda adottare misure di competenza per assicurare una protezione generale e astratta dei dipendenti pubblici che procedano a segnalare casi di mala gestio nelle PP.AA. della Provincia Autonoma di Trento;
4 Replies to “Il caso del vice segretario comunale di Lona Lases. Presunte misure discriminatorie per motivi collegati a segnalazione di illeciti”