Il futuro del Paese e il ruolo del M5S: la mia risposta alla lettera aperta di Walter Ferrari

Ringrazio Walter Ferrari per la chiarezza e l’onestà con cui ha esposto il suo punto di vista sulla situazione sociale e politica del Paese. Ritengo ci sia molto di condivisibile in quanto scrive. Non tutto però.

È senz’altro vero che nell’ultimo trentennio il lavoro salariato abbia perso “potere contrattuale”. Questo è in primo luogo frutto dei mutamenti geopolitici che hanno definito la fine del ‘900 col trionfo del pensiero unico neoliberista e della finanziarizzazione dell’economia. Il “There Is No Alternative” (o TINA) di madam Tatcher è divenuto lo strumento retorico con cui giustificare l’assenso a tutti i desiderata espressi dall’establishment (quello che negli Usa si identifica con l’1% della popolazione, i super ricchi). È un fatto che il modello attuale produca la concentrazione della ricchezza, i dati, penso ad esempio al rapporto 2018 di Oxfam, sono impietosi in questo senso, basterà dire che le 26 persone più abbienti del pianeta da sole “valgono” quanto i 3,8 miliardi di individui più poveri.

Si tratta di una tendenza globale che possiamo riscontrare anche nella realtà sociale italiana. Lavoro precarizzato all’estremo con la nascita di fenomeni come quello degli “working poors” (persone che pur avendo un lavoro non sono in grado di mantenere appieno se stesse e la propria famiglia), piccole imprese e negozi costretti a chiudere da concorrenti infinitamente più grandi e quindi capaci di produrre economie di scala impossibili da replicare a livello micro. Su questi meccanismi bisogna senza dubbio intervenire perché una società dove il benessere è diffuso fra i cittadini è senz’altro preferibile ad una in cui pochissime persone hanno talmente tanti soldi da non sapere cosa farsene mentre tantissime altre sono ridotte in miseria, non sanno come pagare i conti e rischiano di vedersi portare via la casa dalle banche. Del resto quello di un patto sociale costruito su una comunità di persone se non ricche almeno dotate di quanto serva per vivere dignitosamente costituisce in gran parte il presupposto che ha consentito all’Italia di essere invidiata dagli altri Stati occidentali per quella “Dolce Vita” resa celebre dalle pellicole di Fellini.

Se questi sono gli obiettivi al tempo stesso è però difficile pensare di poterli conseguire tornando alla stagione delle lotte operaie, in primis perché ne mancano i presupposti, a partire dall’esistenza di un movimento operaio di massa. In secondo luogo dobbiamo ricordarci che fra la fine degli anni ‘60 e gli albori degli anni ‘80 in Italia si sparava per le strade e quasi ogni giorno si faceva la conta dei morti e dei feriti. Gli “anni di piombo” non sono stati chiamati così a caso e non sono stati una parentesi felice della nostra storia. Non è dunque quello il modello cui si deve aspirare. A mio avviso bisogna invece partire dalla constatazione che lavoratori dipendenti e piccoli imprenditori condividono lo stesso ambiente sociale e lo stesso destino. Come si può ben vedere anche in Trentino, non ci sono abissi incolmabili che separano la maggior parte della popolazione. Si va quasi tutti nelle stesse scuole, si frequentano gli stessi locali, ci si cura nei medesimi ospedali. Questo è un bene, perché nonostante i tentativi che in effetti ci sono e stanno venendo portati avanti sottotraccia, significa che la nostra società non è (ancora) rigidamente separata secondo logiche classiste.

Quello che si può e si deve fare secondo me è dare a tutti la possibilità di vivere un’esistenza resa dignitosa grazie al lavoro, il che significa contrastare la precarizzazione e difendere il potere d’acquisto dei salari, ma anche incentivare l’aumento della produttività in chiave competitiva. Al tempo stesso va garantita e difesa la piccola e media impresa, facilitandola negli adempimenti burocratici che spesso rappresentano una delle ragioni principali del gap concorrenziale (una grande impresa strutturata ha anche uffici dedicati alla risoluzione delle pratiche burocratiche, mentre se lavori 12 ore al giorno in una ditta individuale trovare il tempo per compilare carte o per recarti in un ufficio pubblico può diventare un’impresa epica).

Non concordo con Ferrari quando parla di istituire una patrimoniale. Innanzitutto perché è molto difficile credere possa essere realizzata nel nostro contesto sociale, in seconda istanza perché si rischia di andare a gravare ulteriormente su chi le tasse già le paga senza sfiorare chi le evade da sempre. Prima di pensare a eventuali patrimoniali ragionerei invece sul miglioramento della capacità di contrasto all’evasione e all’elusione fiscale, uno sviluppo necessario e possibile, sebbene contrastato con forza da chi le tasse proprio non le vuol pagare e magari ama “parcheggiare” i propri capitali all’estero, continuando però a sfruttare quello che offre la tanto esecrata Italia.

Personalmente ritengo che l’imposizione fiscale vada ridotta e rimodulata, sapendo però che l’unica maniera per farlo senza tagliare servizi pubblici come scuola, sanità o pensioni (che a loro volta avrebbero invece bisogno di investimenti seri), e quindi punire proprio i cittadini meno abbienti, è riuscire finalmente ad arginare l’evasione fiscale. Allo stesso tempo bisogna recuperare risorse dalla lotta alla corruzione e alla criminalità organizzata, fenomeni che costano ogni anno centinaia di miliardi, cioè quanto 3-4 finanziarie di quelle pesanti e che stanno già inquinando la parte sana della nostra economia, come del resto testimoniato anche dalle esperienze vissute dal Coordinamento Lavoro Porfido di cui Walter Ferrari fa parte.

Viene poi sollevato il tema dei migranti, sul quale in tutto l’Occidente si è costruita la fortuna politica di tanti partiti politici di destra. Anche qui bisogna uscire dalle ipocrisie, nella consapevolezza che non ci sono soluzioni facili o pietistiche. Le migrazioni di massa sono figlie di fenomeni dall’enorme complessità, a partire dalla sovrappopolazione di un mondo dotato di risorse finite e calanti. È verissimo che i Paesi occidentali (e ormai la Cina) sfruttano il resto del globo tramite forme di neocolonialismo economico ed è certo che la soluzione dei “porti chiusi” è demagogica, ingiusta e a lungo andare insostenibile, ma al tempo stesso non si risolve nulla spalancando le porte a tutti al grido di “Venite! C’è posto!” perché anche in Europa le risorse sono limitate e mal distribuite e per questo a subire gli effetti delle migrazioni, a partire dalla contrazione dei salari, sono in primo luogo proprio quelle classi sociali che Ferrari vorrebbe tutelare, persone che come già sta avvenendo, diventano poi facile bersaglio per la propaganda dell’estrema destra.

Anche qui la soluzione non la può dare un singolo Stato. Nel breve periodo si può certo pretendere l’applicazione di regole più eque sulla redistribuzione dei migranti a livello europeo ma a lungo andare l’unico modo corretto di procedere è la rinuncia al neo colonialismo, in modo da consentire ai Paesi sfruttati di usufruire appieno delle proprie risorse, garantendo loro nel contempo investimenti e sostegno a politiche di controllo delle nascite. Ciò nella consapevolezza che procedendo per questa strada si abbasserà necessariamente anche il livello di benessere occidentale, in gran parte costruito sullo sfruttamento economico di quei Paesi da cui oggi si emigra.

Se mi è consentito in conclusione voglio porre io delle domande a Walter Ferrari.

Chi fra le forze politiche italiane fino ad ora ha dato prova di voler cambiare davvero la situazione? Chi si pone come obiettivo il contrasto alle politiche pensate ad esclusivo favore dell’establishment? Chi fin ora ha fatto passi concreti per contrastare la povertà, la corruzione e la criminalità organizzata? Per introdurre forme di democrazia partecipata e diretta? Per dar voce ai cittadini che la politica tradizionale preferirebbe volentieri ignorare?

La risposta a tutti questi quesiti è unica. Solo il M5S. Non piacciono le scelte che sono state fatte dalle elezioni del marzo 2018 a oggi? È legittimo e anche per certi versi comprensibile, ma credo che vada riconosciuto che alternative non ce n’erano. Il M5S è una forza politica pragmatica che si è data degli obiettivi molto alti (c’è chi dice fin troppo). Per realizzarli in una democrazia come la nostra serve giustamente avere numeri in Parlamento, e da questa semplice constatazione discende il percorso intrapreso, che è stato accidentato e “costoso” da tanti punti di vista. La critica al M5S va benissimo, anzi quando è in buona fede come quella fatta da Ferrari è ben accetta e utilissima, ma se si vogliono correggere quelli che si ritengono errori c’è una soluzione moltyo semplice, rimboccarsi le maniche e far sentire la propria voce, perché le porte del Movimento sono aperte a tutte le persone di buona volontà e i fatti dimostrano che da noi si può partire dal basso per poi arrivare ad incidere sulle questioni anche ai massimi livelli.

Questo è il mio punto di vista, ringrazio ancora Walter Ferrari per gli spunti di discussione che ha posto e sarei grato di conoscere il pensiero di chi mi segue e/o sostiene il M5S sulle importanti questioni che sono state sollevate e discusse, perché è proprio da affrontando la complessità che possiamo crescere.

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A seguire la Lettera di Walter Ferrari del primo settembre 2019 da cui è scaturito questo dibattito:

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3 Replies to “Il futuro del Paese e il ruolo del M5S: la mia risposta alla lettera aperta di Walter Ferrari”

  1. Concordo col ragionamento di Alex Marini. Il concetto socio economico, oggi tutto è guidato dalla crescita economica a tutti i livelli (mondo, europa e paese), con traino le nuove tecnologie in ambito informatico e biologico. Tutto ciò a mio avviso si può legare all’ambientalismo. Altro aspetto pagare le tasse deve diventare un punto di orgoglio per i risvolti sociali che ciò comporta. Oggi chi non paga le tasse si sente furbo e si vanta, questo deve finire. Il m5s ha il difficile compito di unire le persone che amano il proprio paese con coloro che credono nella solidarietà, nel welfare Europeo ed Italiano.

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