Femminicidi: approvato ordine del giorno del M5S prosciugare i pozzi neri della violenza

In Italia gli omicidi volontari sono in calo da anni ma i femminicidi restano gli stessi, anzi aumentano. È una piaga da estirpare e per riuscirci servono strumenti normativi adeguati, come ad esempio quelli messi a disposizione dal Governo con la Legge Codice Rosso, ma nel lungo periodo servono anche e soprattutto interventi che prosciughino i pozzi di odio che alimentano certi comportamenti. Bisogna lavorare sulla cultura delle persone fin dalla più tenera età, facendo comprendere a tutti come in qualsiasi genere di rapporto la violenza non sia mai accettabile. Proprio questa è la strada che nel Consiglio Provinciale di oggi abbiamo proposto venga imboccata e che che come tale è stata approvata. Bisogna lavorare nelle scuole con l’ordine degli psicologi e con la commissione provinciale pari opportunità. Serve sensibilizzare la popolazione facendo conoscere una realtà che molti ignorano. Più di tutto non bisogna distogliere lo sguardo, perché la violenza contro le donne è fin troppo comune e spesso è più vicina di quanto non si immagini!

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Proposta di ordine del giorno 3/48/XVI – Disegno di legge n. 48/XVI “Modificazioni della legge provinciale 9 marzo 2010, n. 6 (Interventi per la prevenzione della violenza di genere e per la tutela delle donne che ne sono vittime), in materia di assegno di autodeterminazione per le donne che hanno subito violenza” – APPROVATO il 3 febbraio 2021 con emendamento modificativo del dispositivo 

Secondo quanto riportato nel report sugli omicidi volontari commessi in Italia nel quadriennio 2017-2020 a cura del Servizio analisi criminale della Direzione centrale della polizia criminale il trend degli omicidi volontari risulta in costante diminuzione. In particolare, i delitti commessi nel 2019 erano stati 315, calati a 271 nel 2020 (riduzione del 14%). Un dato questo che contrasta però con quello dei cosiddetti femminicidi, giacché nello stesso periodo le vittime di sesso femminile non sono diminuite anzi, sono leggermente aumentate. Le donne uccise in Italia nel corso del 2019 sono state infatti 111, a fronte delle 112 perite nel 2020. Inoltre nel 2019 erano state 94 le vittime di genere femminile uccise in ambito familiare-affettivo, un dato aumentato a 98 vittime nell’anno 2020. Questo, giova ribadirlo, a fronte di un calo complessivo degli omicidi (Omicidi volontari – Dipartimento della Pubblica Sicurezza, Servizio Analisi Criminale, gennaio 2021 – http://www.interni.it);

per analizzare il fenomeno dei femminicidi e per indagare in merito alla dimensione del fenomeno e su di ogni forma di violenza di genere in Italia, con delibera del Senato della Repubblica nel 2017 è stata istituita la “Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere”, detta commissione è stata istituita una seconda volta nell’ottobre del 2018;

la prima commissione (Leg.XVII – Sito ufficiale del Senato della Repubblica) ha svolto 37 audizioni fra ministri, esperti docenti universitari, associazioni di donne, rappresentanti delle forze dell’ordine, ecc, audendo nel complesso 67 persone e pubblicando un report finale di oltre 400 pagine;

a seconda commissione (Leg. XVIII), dopo aver approvato nella seduta n. 3 del 28 marzo 2019 le Linee programmatiche di lavoro della Commissione d’inchiesta sul femminicidio ha pubblicato 3 relazioni:
– il 6 aprile 2020 (Doc XXII bis n. 1 – Relazione su “Misure per rispondere alle problematiche delle donne vittime di violenza dei centri antiviolenza, delle case rifugio e degli sportelli antiviolenza e antitratta nella situazione di emergenza epidemiologica da COVID-19);
– il 13 luglio 2020 (Doc XXII bis n. 2 –  Relazione sui dati riguardanti la violenza di genere e domestica nel periodo di applicazione delle misure di contenimento per l’emergenza da COVID-19);
– il 4 agosto 2020 (Doc XXII bis n. 3 – Relazione sulla Governance dei servizi antiviolenza e sul finanziamento dei centri antiviolenza e delle case rifugio);

nella relazione della commissione parlamentare d’inchiesta della XVIII Legislatura del  6 aprile 2020 citata nel paragrafo in precedenza, riguardante “Misure per rispondere alle problematiche delle donne vittime di violenza dei centri antiviolenza, delle case rifugio e degli sportelli antiviolenza e antitratta nella situazione di emergenza epidemiologica da COVID-19” è stato sottolineato come con l’insorgere della pandemia da Covid19 si sia verificato un calo delle denunce per maltrattamenti avvenuti in ambito familiare. Dati che, come viene specificato nella citata relazione “non significano purtroppo che la violenza contro le donne sia in regressione, ma sono invece il segnale di una situazione nella quale le donne vittime di violenza rischiano di trovarsi ancora più esposte alla possibilità di controllo e all’aggressività del partner maltrattante”;

nella relazione del 13 luglio 2020, “Relazione sui dati riguardanti la violenza di genere e domestica nel periodo di applicazione delle misure di contenimento per l’emergenza da COVID-19” si sottolinea che “La serie storica degli omicidi per genere mostra come siano soprattutto gli omicidi ad essere diminuiti in circa 25 anni (da 4,0 per 100.000 maschi nel 1992 a 0,8 nel 2016), mentre le uccisioni di donne sono rimaste complessivamente stabili (da 0,6 a 0,4 per 100.000 femmine).Ciononostante è opportuno ricordare che non tutte le uccisioni di donne possono essere considerate «femminicidi» e che, nel nostro sistema penale, non è prevista un’autonoma figura di reato di «femminicidio» che sanzioni l’uccisione di una donna per ragioni di genere. Indubbiamente, al riguardo, un elemento sintomatico di questa figura delittuosa può essere individuato nella natura della relazione tra la vittima e l’autore del reato e, infatti, delle 133 donne uccise nel 2018, l’81,2 per cento sono state assassinate da una persona non solo conosciuta ma che era molto vicina alla vittima. Soprattutto merita di essere sottolineato il fatto che nel 55 per cento circa dei casi l’autore del delitto è il partner attuale (in 63 casi) o il precedente (in 10 casi), che ben 33 donne (il 24,8 per cento dei casi) sono state uccise da un familiare (inclusi i figli e i genitori) e nell’1,5 per cento dei casi (2 vittime) da un’altra persona comunque vicina alla donna: amico, collega ecc”;

facendo riferimento ai dati acquisiti dal Servizio analisi criminale del Ministero dell’Interno, la medesima relazione del 13 luglio 2020 precisa inoltre che “il dato riveste un significativo rilievo quanto al numero dei«femminicidi» se si considera un più ampio arco temporale, quello che riguarda il periodo gennaio-maggio 2020, anche rapportato con l’analogo periodo dell’anno precedente. Infatti, pur restando confermato un calo generale del numero degli omicidi complessivi (uomini e donne) rispetto all’analogo periodo del 2019, tanto che da 140 omicidi nel 2019 si scende a 92 omicidi nel 2020 (-34, 29 per cento), tuttavia: il numero di vittime di sesso femminile resta sostanzialmente invariato (45 nel 2019, 44 nel 2020): dunque, mentre nel 2019 le vittime donne costituivano il 32 per cento degli omicidi totali, nel 2020 il dato si attesta al 48 per cento; aumenta la percentuale degli omicidi commessi in ambito familiare che sale dal 45 per cento del 2019 al 58 per cento nel 2020, sebbene gli omicidi complessivi (computando anche quelli commessi fuori dal contesto familiare) siano complessivamente diminuiti da 63 nel 2019 a 53 nel 2020. Ma soprattutto aumentano complessivamente le vittime di sesso femminile che passano da 36 a 40, con un aumento percentuale dal 57 per cento al 75 per cento delle vittime totali; il dato relativo agli omicidi commessi da partner o ex partner risulta invariato (27) ma, mentre nel 2019 le donne uccise da partner o ex partner erano il 43 per cento, nel 2020 salgono al 51 per cento”;

riguardo alle possibili soluzioni per far fronte al fenomeno dei femminicidi in un’ottica di lungo periodo, un utile contributo viene fornito da un articolo del 2 novembre 2020 a firma di Francesca Mencaroni, laddove di riporta quanto segue: “Gli esperti dell’educazione ritengono che l’insegnamento dell’Educazione Emotiva nelle scuole possa rappresentare oggi un valido supporto alle famiglie e agli insegnanti nel loro compito educativo: il programma didattico ed il “programma di vita”. In questo particolare momento di instabilità emotiva, creare uno spazio dove si insegni a riconoscere e gestire le proprie emozioni può inoltre favorire negli alunni l’apprendimento, il quale sappiamo essere influenzato fortemente dal clima emotivo” (“L’Educazione Emotiva a scuola al tempo dell’emergenza sanitaria” – Erickson.it, sezione didattica – 02 novembre 2020);

nel medesimo articolo citato al precedente paragrafo viene inoltre sottolineato come “L’Educazione Emotiva è un approccio educativo orientato a sviluppare e potenziare l’Intelligenza emotiva nei bambini e nei ragazzi. Essere intelligenti emotivamente vuol dire saper gestire le emozioni spiacevoli che inevitabilmente ci troveremo ad affrontare nel corso della nostra vita. La capacità di riflettere sui propri stati d’animo, dare un significato all’esperienza emozionale che si sta vivendo e avere le abilità di attraversarla sostenendo le difficoltà sono tutti aspetti che rientrano nel set dell’intelligenza emotiva. È ormai comprovata l’importanza di educare alla gestione delle proprie emozioni come fattore di promozione del benessere psicologico della persona. Da diversi anni l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha delineato delle linee guida dove vengono proposti interventi educativi rivolti ai bambini e agli adolescenti, finalizzati a promuovere specifiche abilità in ambito scolastico fra cui l’empatia e la gestione delle emozioni. Tali abilità denominate life skills si riferiscono alle competenze che permettono di assumere comportamenti positivi, trattare efficacemente le richieste e le sfide della vita quotidiana. La ricerca ha dimostrato che includere nei programmi didattici attività che potenzino l’intelligenza emotiva negli alunni rappresenta un fattore di protezione contro le dipendenze patologiche e in generale contro il disagio psicologico (ansia, depressione, comportamenti disadattati). Alla luce delle considerazioni sopra descritte, è facile ipotizzare come l’educazione emotiva possa rappresentare una risorsa e un valido supporto alla scuola dove oggi, forse più di ieri, la nostra generazione si trova ad affrontare una sfida senza precedenti” (“L’Educazione Emotiva a scuola al tempo dell’emergenza sanitaria” – Erickson.it, sezione didattica – 02 novembre 2020);

in linea generale risulta acquisito come il fenomeno della violenza domestica e di genere e dei femminicidi affondi le radici in ambiti psicologici, sociali e culturali molto definiti e profondi. Per contenerlo sono indubbiamente utili i provvedimenti repressivi (si pensi ad esempio alla legge 69/2019, la cosiddetta Legge codice rosso) ma per sradicarlo, in prospettiva, servono interventi che incidano sull’humus che gli ha permesso di svilupparsi e di essere ritenuto accettabile nella mente di molte persone. Si tratta di un lavoro che può e deve essere portato avanti in ambito sociale e scolastico, sensibilizzando da un lato i cittadini e le cittadine a rifiutare la logica della violenza come mezzo per risolvere i problemi che in realtà dimostra esclusivamente la volontà di dominio e l’inadeguatezza della parte che la mette in pratica;

tutto ciò premesso il Consiglio impegna la giunta provinciale affinché

  1. valuti la possibilità di realizzare campagne di comunicazione sociale e di sensibilizzazione in merito al femminicidio e alla cultura non discriminatoria basata sul rispetto tra uomini e donne, parimenti, di promuovere un confronto con la Commissione provinciale Pari Opportunità tra donna e uomo, l’Ordine degli Psicologi della Provincia di Trento e le Istituzioni scolastiche per valutare la possibilità di progettazione di moduli di educazione emotiva in ambito scolastico;
  2. valuti la realizzazione di percorsi di sensibilizzazione culturale sul tema della violenza sulle donne e del femminicidio, aperti alla popolazione, anche attraverso la valorizzazione e la divulgazione degli esiti delle relazioni parlamentari prodotte dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere.

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