Basta gabelle e complicazioni burocratiche che servono solo a complicare la vita a chi vuole esercitare il proprio diritto a candidarsi alle elezioni!

Nei giorni scorsi il Consiglio regionale ha approvato una proposta di voto del M5S con la quale si chiede a Governo e Parlamento di eliminare totalmente le marche da bollo richieste per ottenere il certificato del casellario giudiziale e di approntare procedure e convenzioni adeguate a rendere possibile l’ottenimento dei certificati per via informatica.

Premessa: è sicuramente giusto che le forze politiche mostrino agli elettori i certificati penali dei loro candidati. È infatti sacrosanto che chi è chiamato al voto sappia chi sono i candidati che ha di fronte. Si tratta di una norma volta a contrastare la corruzione, una piaga che ha costi enormi per i cittadini italiani. Tuttavia questa legge giusta deve essere implementata senza scaricare dei costi a danno dei candidati. Il rilascio di ogni certificato penale costa poco meno di 10 euro in marche da bollo. Una spesa che non si capisce come si giustifichi. Inoltre le procedure per ottenere i certificati sono quelle tipiche della burocrazia italiana, ovvero, andavano bene (forse) nel 1950, e tengono in minimo conto la possibilità di fare tutto per via informatica.

A conti fatti si tratta di ostacoli evidenti all’esercizio del diritto alla partecipazione attiva alla gestione della cosa pubblica attraverso l’introduzione di gabelle fiscali e la mancata rimozione di procedure che non hanno più ragione di esistere. 

Sembra logico? Lo è, tanto che il nostro punto di vista sulla questione ha raccolto ampio consenso all’interno del Consiglio regionale (tutti a favore tranne la SvP), che ha quindi votato per impegnare il MEF a introdurre l’esenzione totale della marca da bollo sui certificati penali richiesti per finalità elettorali e a impegnarsi per sgravare la cittadinanza da tutti quegli orpelli burocratici che rendono la richiesta dei certificati penali un vero e proprio incubo.

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Proposta di voto n.8/XVI presentata il 01.09.2020 “AFFINCHÉ IL PARLAMENTO E IL GOVERNO ADOTTINO I PROVVEDIMENTI NECESSARI AD ASSICURARE L’ESENZIONE TOTALE DAL PAGAMENTO DI MARCHE DA BOLLO PER L’EMISSIONE DEI CERTIFICATI DEL CASELLARIO GIUDIZIALE E DEI CARICHI PENDENTI AI FINI DELL’ESERCIZIO DEI DIRITTI ELETTORALI” – approvata il 10 febbraio 2021

La legge 9 gennaio 2019, n. 3 “Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici”, la cosiddetta “Legge Spazzacorrotti”, ha introdotto l’obbligo di acquisizione e  pubblicazione (nella sezione “Elezioni trasparenti” del sito del dipartimento Affari interni e territoriali, Servizi elettorali,) del curriculum vitae e del certificato penale per i candidati alle elezioni europee, politiche ed amministrative (esclusi i comuni con meno di 15.000 abitanti);

l’art.1, comma 14, della legge n.3/2019 stabilisce che “Entro il quattordicesimo giorno antecedente la data delle competizioni elettorali di qualunque genere, escluse quelle relative a comuni con meno di 15.000 abitanti, i partiti e i movimenti politici, […] hanno l’obbligo di pubblicare nel proprio sito internet il curriculum vitae fornito dai loro candidati e il relativo certificato penale rilasciato dal casellario giudiziale non oltre novanta giorni prima della data fissata per la consultazione elettorale”;

il costo per l’emissione del certificato penale, seppur ridotto della metà rispetto ad una richiesta ordinaria se richiesto dietro la presentazione di un’autodichiarazione firmata dal richiedente, è di € 11,87 per la richiesta con urgenza oppure di € 9,94 per quella ordinaria;

il proposito della misura è evidentemente di rendere esplicito un requisito minimo secondo il quale chi intende ricoprire una carica pubblica deve dimostrare di avere quantomeno la fedina penale pulita. La ratio delle provvedimento è facilmente comprensibile;

molto meno comprensibile appare invece che si faccia pagare una tassa per poter esercitare il diritto di elettorato passivo, diritto non solo tutelato dalla nostra Carta costituzionale (art. 51), ma anche dall’ordinamento giuridico internazionale, per citare qualche esempio: art. 21 della Dichiarazioni Universale dei Diritti dell’Uomo e art. 25 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici;

la tassa applicata sul certificato penale per poter esercitare il diritto di elettorato passivo è paragonabile a una tassa di tipo medievale. L’applicazione segue la medesima logica del “testatico”, una tassa medievale che, come richiama la parola stessa, veniva imposta ad ogni testa e che veniva calcolata non in base al proprio reddito, ma in base al numero della popolazione ed era uguale per ogni cittadino. Inutile specificare che il testatico era una tassa particolarmente odiata in quanto gravava maggiormente sugli strati più poveri della popolazione;

la Risoluzione n.56/2018 del 18 luglio 2018 emanata dall’Agenzia delle Entrate su sollecitazione dell’allora ministro ai Rapporti con il Parlamento e la Democrazia Diretta chiariva erga omnes l’esenzione fiscale per le richieste di occupazione di suolo pubblico per banchetti di raccolta firme organizzati per promuovere istanze, petizioni, iniziative, popolari, referendum e ICE. Tale tassa era applicata nelle misura di 16 o 32 € in funzione dell’interpretazione che i comuni davano al momento della compilazione dei moduli e del rilascio dell’autorizzazione;

secondo la suddetta interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, i cittadini che partecipano attivamente alla vita pubblica ed esercitano i diritti politici previsti dalla legge devono essere sgravati dalle vessazioni fiscali applicate arbitrariamente dallo Stato. Allo stesso modo le amministrazioni comunali non devono perdere tempo per seguire inutili e dispendiose procedure burocratiche e autorizzative per impedire o rallentare l’esercizio di diritti fondamentali;

la Direttiva del Ministro per la Pubblica amministrazione e la Semplificazione del 22 dicembre 2011 “Adempimenti urgenti per l’applicazione delle nuove disposizioni in materia di certificati e dichiarazioni sostitutive” prevede che le amministrazioni pubbliche e i gestori di servizi pubblici non possano richiedere o accettare atti o certificati contenenti informazioni già in possesso di un’altra amministrazione. Dal 1 gennaio 2012 le certificazioni rilasciate dalle PA sono valide e utilizzabili solo nei rapporti tra privati;

secondo la predetta direttiva le pubbliche amministrazioni possono acquisire senza oneri le informazioni necessarie per effettuare i controlli sulla veridicità delle dichiarazioni e per l’acquisizione d’ufficio, con qualunque mezzo idoneo ad assicurare la certezza della loro fonte di provenienza. Inoltre, per lo scambio dei dati per via telematica le amministrazioni devono operare secondo quanto previsto dall’articolo 58, comma 2 del Codice dell’amministrazione digitale sulla base delle linee guida redatte da DigitPA, (consultabili sul sito istituzionale dell’Agenzia per l’Italia digitale), attraverso apposite convenzioni aperte all’adesione di tutte le amministrazioni interessate e volte a disciplinare le modalità di accesso ai dati da parte delle stesse amministrazioni procedenti, senza oneri a loro carico;

è pacifico che secondo la logica adottata dall’Agenzia delle Entrate e dal Ministero della Pubblica Amministrazione e secondo i principi fondamentali dell’ordinamento giuridico anche la richiesta di certificati penali per l’esercizio dei diritti politici dovrebbe essere sgravata dalle gabelle dello Stato sia per quanto concerne l’ingiusto carico fiscale sui cittadini, sia per quanto riguarda l’oneroso carico burocratico per l’amministrazione. Appare infatti piuttosto illogico che un dato già posseduto dall’amministrazione statale debba essere richiesto nella versiona cartacea al cittadino per poi essere scannerizzato e pubblicato in versione digitale su un sito dell’amministrazione statale. Si tratta a tutti gli effetti di un cortocircuito burocratico che può essere risolto con semplici accorgimenti procedurali che tutelino la privacy del cittadino e la possibilità dei partiti di effettuare un vaglio preventivo sui candidati prima di inserirli ufficialmente nelle proprie liste elettorali, ma che consentano allo stesso di poter autorizzare secondo un percorso semplificato l’emissione digitale del certificato penale;

la partecipazione alla cosa pubblica, infatti, non dev’essere solo un principio sancito sulla carta, ma dev’essere un diritto effettivo. A tal fine è necessario rendere la partecipazione dei cittadini accessibile ed efficace, sgravando chi voglia attivarsi per la propria comunità da inutili e dispendiose procedure burocratiche e autorizzative ancorché necessarie per selezionare le candidature;

alla luce delle considerazioni fin qui esposte, la disposizione contenuta nell’art.1, comma 14, della legge n.3/2019 che prevede che ”nel caso in cui il certificato penale sia richiesto da coloro che intendono candidarsi alle elezioni di cui al presente comma, per le quali sono stati convocati i comizi elettorali, dichiarando contestualmente, sotto la propria responsabilità […], che la richiesta di tali certificati è finalizzata a rendere pubblici i dati ivi contenuti in occasione della propria candidatura, le imposte di bollo e ogni altra spesa, imposta e diritto dovuti ai pubblici uffici sono ridotti della metà” denota profili di costituzionalità piuttosto incerti;

è invece pacifico che una simile norma impedisce il libero e diffuso esercizio dei diritti democratici, caricando l’esercizio della democrazia di costi e adempimenti burocratici che ne compromettono e ne scoraggiano l’effettivo godimento;

il Consiglio regionale della Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol, ai sensi dell’articolo 35 dello Statuto di autonomia, fa voti al Parlamento e al Governo italiano affinché

  1. adottino i provvedimenti necessari ad assicurare l’esenzione totale dal pagamento di marche da bollo per l’emissione dei certificati del casellario giudiziale e dei carichi pendenti ai fini dell’esercizio dei diritti elettorali;
  2. adottino le misure organizzative di competenza per sgravare la cittadinanza da adempimenti burocratici ed amministrativi per l’emissione dei certificati penali nei riguardi dei candidati a fini elettorali anche attraverso la stipula di convenzioni tra le pubbliche amministrazioni interessate finalizzate alla fruibilità informatica dei dati di cui siano titolari ai sensi dell’articolo 58 del Decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 – Codice dell’Amministrazione Digitale;

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