Opera Universitaria trentina nelle mani della maggioranza, ultimo capitolo di una svolta autoritaria!

Ieri mi è stata notificata la risposta ad un’interrogazione riguardante il livello di soddisfazione degli utenti dei servizi dell’Opera universitaria di Trento che risaliva allo scorso aprile. Il testo, denso di dati e molto esaustivo, fornisce un notevole spaccato sulla come operasse l’Opera Universitaria trentina prima della “riforma”, approvata l’altro giorno dal Consiglio provinciale, che ha messo sotto il controllo della maggioranza, e quindi della politica, la presidenza di questo ente. Un vero peccato allora che mi sia stato reso noto proprio dopo che il Consiglio ha discusso il disegno di legge (32/XVI). Lo avessi avuto prima ne avrei approfittato per illustrare ai colleghi consiglieri come lavori l’Opera Universitaria e quali siano i rischi di cambiare la sua governance. Ma del resto non sarebbe cambiato molto. È chiaro a tutti infatti che la maggioranza mirava solo ad impadronirsi del controllo dell’ennesima poltrona. Tanto da spingersi a dichiarare nella relazione di maggioranza al testo di legge che l’Opera Universitaria è un ente strumentale della Provincia e come tutti gli altri e che come tale è giusto che a nominarne i vertici sia la politica senza essere vincolata al parere dell’Università. Non solo, siccome l’Opera gestisce circa 13 milioni di euro all’anno la maggioranza, incredibile a dirsi (o forse no…), arriva a sostenere che proprio quel denaro a maggior ragione giustifica la scelta di indicare “in maniera indipendente una persona di fiducia che possa presidiare l’utilizzo di tali ingenti risorse in modo da scongiurare anche eventuali situazioni di malversazione. Come dire che un soggetto nominato su base fiduciaria ed esclusiva da politici di parte cui si danno in mano 13 milioni di euro pubblici li gestirà sicuramente meglio di un’altra persona scelta di concerto con l’Università nell’interesse dei cui studenti quelle risorse dovrebbero essere spese…

Tempo fa il professor Giovanni Pascuzzi ha scritto un libro sulla svolta autoritaria imboccata dall’Università di Trento. Ecco, se la premessa era corretta, allora ciò che è andato in onda questa settimana in Consiglio provinciale non è che l’ultimo esecrabile atto di quella stessa deriva, con la destra trentina che senza più remore si lancia apertamente all’attacco delle prerogative di indipendenza dell’Università tramite il controllo politico delle risorse che ad essa servono per operare nel silenzio, o quasi, dell’informazione e delle istituzioni pubbliche.

Il tutto sa vagamente di già visto e niente di buono viene dalla politica quando cerca di asservire l’Università ai propri scopi. Nel 1931 il regime fascista, all’epoca all’apice del proprio potere, impose ai docenti universitari il giuramento di fedeltà a se stesso. Su 1251 professori di tutta Italia poco più di 15 si rifiutarono di aderire alla richiesta , perdendo di conseguenza la cattedra. Si dirà che l’esempio è esagerato e che non siamo certo negli anni ‘30 del ‘900. I tempi sono senza dubbio diversi, ma è innegabile come certi istinti e certe mentalità non sembrino affatto sopiti, anzi stiano rialzando con forza la testa e certo non consola il fatto che, come diceva Marx, “La storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa“.

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Segue l’immagine del testo della risposta fornita il 10 giugno 2021 all’Interrogazione n. 2563/XVI a risposta scritta del 20 aprile 2021 “Servizi erogati dall’opera universitaria trentina e grado di soddisfazione degli utenti”
* (nell’interrogazione si richiamavano i casi virtuosi del Comune di Trento e del sistema di valutazione Good Practice adottato dagli atenei statali)

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Segue testo della relazione di maggioranza al Disegno di Legge n.32/XVI

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