Il caporalato è una piaga diffusa su tutto il territorio nazionale e come al solito il Trentino non fa eccezione. Si tratta di crimini che favoriscono i delinquenti e minano l’economia sana, danneggiando chi ancora si ostina a seguire le regole. Vanno quindi combattuti duramente. Per questo il M5S ha ottenuto l’approvazione di una proposta di risoluzione volta a favorire la collaborazione e gli interventi congiunti da parte delle varie forze dell’ordine che operano sul territorio provinciale (foto: TgR Rai).
Secondo la Treccani col termine caporalato si intende il “Reclutamento di manodopera non qualificata, sfruttata illegalmente, diffuso su tutto il territorio italiano, in particolare nel settore ortofrutticolo del Mezzogiorno e nell’edilizia del Settentrione”. In effetti la definizione avrebbe bisogno di un aggiornamento, perché negli ultimi anni questo fenomeno delinquenziale si è diffuso a macchia d’olio, travalicando i confini geografici e settoriali. Come riportato dalle cronache infatti, negli ultimi tempi in Trentino sono stati accertati numerosi casi di caporalato, non solo nell’edilizia o nell’estrazione del porfido, ma anche in agricoltura e nel volantinaggio e ci sono buone ragioni per credere che si tratti solo della punta dell’iceberg.
Questa è la realtà, e con buona pace dei cantori della favola intitolata “Noi siamo un’isola felice”, bisogna farci i conti. Ecco quindi che la nostra risoluzione apre la strada ad un più efficace sistema di controlli . Sappiamo che il problema principale delle verifiche deriva dal fatto che l’ispettorato del lavoro è paurosamente sotto organico perché negli anni si è scelto di non sostituire chi andava in pensione. Servono assunzioni ma nell’attesa che avvengano bisogna ottimizzare le risorse a disposizione. Una maniera per farlo è quella che abbiamo proposto: incentivare la collaborazione fra i Carabinieri, la Guardia di Finanza e i corpi di polizia locale affinché svolgano i controlli su tutti i settori di attività economica esposti al fenomeno del caporalato.
Il concetto è lapalissiano e siamo contenti di poter dire che la nostra proposta ha trovato il consenso dell’Aula consiliare che l’ha approvata, a dimostrazione che, se lo vuole, la politica ha tutti gli strumenti per contrastare la diffusione della criminalità e fare quel che serve a migliorare le cose.
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Proposta di risoluzione n.104/38/XVI del 22 giugno 2021 “Sottoscrivere col Commissariato del Governo un protocollo per i controlli contro il fenomeno del caporalato“ collegata alla Comunicazione della Giunta n. 38/XVI “Andamento degli infortuni sul lavoro”. Approvata con emendamento il 22 giugno 2021 e convertita nella risoluzione 74/XVI “Azioni di controllo contro il fenomeno del caporalato“:
Dal rapporto “Il mercato del lavoro 2020 una lettura integrata” redatto dal Gruppo di lavoro tecnico e dal Comitato d’Indirizzo dell’Accordo tra Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Istat, Inps, Inail e Anpal è emerso che nel 2019 gli stranieri rappresentavano il 12,1% del totale degli occupati;
nel rapporto “Il contributo dei lavoratori stranieri all’agricoltura italiana” elaborato nel 2019 dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA) viene analizzato il fenomeno della presenza dei lavoratori stranieri nell’agricoltura italiana, considerando le situazioni specifiche di ogni regione e le trasformazioni che questo fenomeno ha comportato e tuttora comporta per la società e per l’economia del nostro Paese (Il contributo dei lavoratori stranieri all’agricoltura italiana – a cura di Maria Carmela Macrì, Centro di ricerca Politiche e Bio-Economia – CREA – 2019);
secondo il rapporto del CREA, l’occupazione degli stranieri in Italia non ha smesso di crescere neppure nel periodo della crisi dal 2008 al 2013, anno in cui la tendenza alla diminuzione dell’occupazione e il numero di occupati italiani ricomincia a salire (Il contributo dei lavoratori stranieri all’agricoltura italiana – a cura di Maria Carmela Macrì, Centro di ricerca Politiche e Bio-Economia – CREA – 2019);
relativamente ai lavoratori del comparto agricolo nel territorio del Trentino – Alto Adige dal rapporto redatto dal CREA emerge quanto segue: “l’incidenza degli stranieri residenti è pari al 9% (percentuale tra le più alte in Italia) e dove ai migranti economici si sono aggiunti negli ultimi anni anche i rifugiati e i richiedenti asilo. La maggior parte del lavoro straniero in agricoltura proviene da Romania, Slovacchia e Polonia ed è ampio il ricorso a lavoratori stagionali impiegati in maniera regolare nei principali settori, soprattutto quelli intensivi (melicoltura, viticoltura, piccoli frutti). Con l’arrivo dei richiedenti asilo, sono affiorate problematiche diverse dalle quali però è emersa l’importanza sociale dell’agricoltura e le sue potenzialità nella gestione dei processi di integrazione. Accanto alla manodopera straniera regolarizzata e strutturalmente inserita all’interno del contesto produttivo agricolo, si sono quindi sviluppati altri modelli di gestione del lavoro straniero, ispirati a far rete con il territorio, a strutturare rapporti orientati alla solidarietà e/o al mutualismo con altre realtà anche se non necessariamente agricole.”;
le figure più richieste risultano essere gli addetti alla raccolta nei vigneti e nei frutteti, che costituiscono i settori trainanti dell’agricoltura regionale. A questo proposito, nell’analisi del CREA, viene evidenziato un dato importante che riguarda proprio il lavoro stagionale, il quale, “se sussistono adeguate condizioni di tutela dei diritti del lavoratore e del datore di lavoro, costituisce una forma di mobilità che si configura come una triple win situation, cioè porta benefici al Paese di origine, al Paese di occupazione e al migrante stesso”;
per quanto riguarda l’impiego di manodopera straniera in agricoltura, nell’analisi svolta dal CREA si legge che: “Secondo il Dossier statistico immigrazione, nel 2016 poco più della metà degli stranieri occupati in agricoltura si concentrava in 15 province. Quelle che hanno fatto registrare l’incidenza più elevata sono Bolzano (6,1%), Verona (5,0%), Trento (4,4%), Latina (4,1%), Cuneo e Ragusa (3,7). Il Trentino-Alto Adige nel suo complesso, è quindi una delle regioni d’Italia in cui l’incidenza dei lavoratori stranieri in agricoltura può considerarsi significativa. […] Mediamente in Trentino Alto Adige l’incidenza del numero di occupati in agricoltura è del 5,2%, percentuale superiore alla media nazionale. Nella Provincia Autonoma di Trento l’incidenza è pari al 3,8% mentre in Trentino Alto Adige si raggiunge il 6,6%. Il dato per entrambe le Province è superiore anche alla media del Nord-Est (3,5%) a sottolineare la vocazione di questo territorio per le coltivazioni agricole.”;
si riporta la seguente tabella al fine di analizzare la presenza dei lavoratori stranieri (nei settori: agricoltura, industria e terziario) in Provincia di Trento rispetto alla nazionalità di provenienza:
come si vede nella tabella sopra riportata (pag. 148 de “Il contributo dei lavoratori stranieri all’agricoltura italiana”), i lavoratori romeni rappresentano la maggioranza in tutti i settori dell’economia, seguiti dai polacchi e albanesi. Per quanto riguarda specificatamente il settore dell’agricoltura, più dell’80% delle assunzioni è concentrato in quattro provenienze mentre seguono le altre con percentuali incluse tra l’1 e il 2% (Senegal, Marocco, Bulgaria, Ucraina, ecc.);
per concludere il focus sull’apporto dato dai lavoratori stranieri all’economia del Trentino – Alto Adige, si può affermare che esso costituisce un elemento strutturale dell’economia, specialmente in alcuni settori come il turistico-alberghiero, l’agricoltura, i servizi alla persona e l’edilizia. Perciò, riprendendo quanto affermato nel rapporto del CREA “in alcuni di questi settori si può sostenere che la crescita non sarebbe stata possibile senza il ricorso alla manodopera straniera, sia nella sua componente stagionale che in quella più stabile e radicata.”;
nel documento di posizionamento preliminare alla Strategia Provinciale per lo Sviluppo Sostenibile (Spross), adottato con Delibera della Giunta Provinciale n. 2024 del 13/12/2019, su proposta dell’assessore all’urbanistica, ambiente e cooperazione Mario Tonina, nello specifico nella Scelta 12 “Eliminare ogni forma di discriminazione (II)”, Obiettivo Strategico 47 “Eliminare ogni forma di sfruttamento del lavoro e garantire i diritti dei lavoratori (II.1)” – nella parte in cui si descrivono le azioni in corso promosse dal Dip. salute e politiche sociali e dall’APSS, si afferma che, in considerazione della rilevanza anche penale dei fenomeni più gravi (in primis il cosiddetto caporalato), anche in azioni coordinate o congiunte con le forze dell’ordine, il presidio di tali fenomeni rientra a pieno titolo anche nell’obiettivo 50 che riguarda “Intensificare la lotta alla criminalità” (Sviluppo sostenibile in Trentino – Agenda 2030);
sempre con riguardo all’Obiettivo Strategico 47 del documento di posizionamento per l’adozione della Spross, nella parte “c) Eventuali criticità, oggettive e riconosciute” si afferma quanto segue: “Anche il Trentino si registrano fenomeni di mancato rispetto dei diritti dei lavoratori che vanno dal mancato riconoscimento del corretto orario di lavoro, alla mancata corresponsione delle retribuzioni, al lavoro “nero” con effetti sulle posizioni previdenziali dei lavoratori. Tali fenomeni sono presenti in misura simile a quanto verificato anche a livello nazionale sia in termini di casistiche sia in termini di tassi di irregolarità rilevate. Inoltre anche in Trentino negli ultimi anni si stanno registrando alcuni fenomeni di gestione irregolare dei rapporti di lavoro quali la presenza di appalti non regolari o illeciti, contratti di somministrazione di manodopera da parte di soggetti non autorizzati fino a fenomeni di sfruttamento dei lavoratori e di caporalato, reato perseguibile penalmente. A fronte dell’andamento di tali fenomeni le risorse destinate al settore ispettivo si sono contratte negli ultimi anni con effetti sugli indicatori esposti”;
durante i lavori dell’”Indagine conoscitiva sul riordino del sistema della vigilanza in materia di lavoro, contribuzione e assicurazione obbligatoria a seguito delle modifiche introdotte dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 149, nella prospettiva di una maggiore efficacia delle azioni di contrasto al lavoro irregolare e all’evasione contributiva”, l’allora Ministra del lavoro e delle politiche sociali, Nunzia Catalfo, nel corso dell’audizione del 19 dicembre 2019 presso la Commissione XI (lavoro pubblico e privato) della Camera dei Deputati, affermava quanto segue: “Il trend è positivo anche con riferimento alle attività di vigilanza compiute nel primo semestre 2019, nel quale il tasso delle irregolarità riscontrate presso le imprese controllate è salito del 3 per cento, passando dal 69 al 72 per cento; così come è aumentato del 7,7 per cento il numero delle posizioni lavorative risultati irregolari: dalle 72.222 del primo semestre 2018 alle 83.191 attuali. In crescita del 14 per cento (da 20.398 a 23.300) è anche il numero dei lavoratori in nero accertati”;
sempre nel corso dell’audizione, l’allora Ministra, affermava che vi erano due protocolli siglati dall’Ispettorato nazionale del lavoro in data 21 febbraio 2017 con INPS e in data 10 luglio 2017 con INAIL, finalizzati a disciplinare la collaborazione istituzionale tra gli enti, allo scopo di garantire la continuità dell’efficace svolgimento dell’attività di vigilanza ispettiva in materia di contribuzione obbligatoria, nonché in materia assicurativa;
infine l’ex Ministra ha parlato anche delle Commissioni regionali di programmazione, istituite con l’obiettivo di implementare le misure volte a responsabilizzare il maggior numero dei soggetti istituzionalmente coinvolti nella vigilanza in materia di lavoro e legislazione sociale. Secondo quanto riferito dalla Ministra del Lavoro “l’istituzione delle Commissioni regionali di coordinamento ha permesso di procedere a una selezione degli obiettivi di vigilanza più significativi in relazione ai fenomeni territorialmente più rilevanti, evitando così la sovrapposizione degli interventi ispettivi. È proprio nell’ambito di tale programmazione a livello territoriale che sono stati condivisi appositi progetti di vigilanza speciale, quali, ad esempio, quello per il contrasto al caporalato”;
in occasione delle audizioni della ”Indagine conoscitiva sul fenomeno del cosiddetto caporalato in agricoltura”, tenutesi il 28 maggio 2019 presso le Commissioni Riunite (XI e XIII) della Camera, il Presidente dell’INPS, Pasquale Tridico, con riferimento al fenomeno del caporalato, ha segnalato la necessità di rafforzare l’organico ispettivo dell’INPS e di creare una task force dedicata interamente al contrasto al caporalato, problema che, ricorda il presidente dell’INPS, non riguarda solo il lavoro irregolare, ma anche la criminalità organizzata;
inoltre, il Presidente dell’INPS, nel corso dell’audizione, ha ricordato come il controllo dei territori, ovvero degli appezzamenti terrieri è realizzato dall’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (AGEA) attraverso i droni. La conformazione del territorio, rilevata dal drone, permette di capire la redditività degli appezzamenti e di conseguenza è possibile fare una stima circa il numero di lavoratori che sarebbe necessario per un terreno di tali dimensioni. Al termine del suo intervento, il presidente dell’INPS conclude proponendo due linee di intervento: da un lato, creare una task force di ispettori con funzioni specifiche nel campo del contrasto al caporalato e dall’altra, stipulare apposite convenzioni con società come AGEA o ISMEA (Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare) al fine di utilizzare le dotazioni tecnologiche, quali ad es. i droni, sia per fare confronti tra appezzamenti e redditività dei terreni agricoli, ma anche per valutare in tempo reale quanti siano i lavoratori effettivamente impiegati ed indirizzare in questo modo il lavoro della task force su interventi specifici e mirati;
il fenomeno del caporalato viene periodicamente richiamato anche dagli organi di stampa locale, evidenziando la presenza del fenomeno anche nel nostro territorio, nell’ambito del lavoro agricolo, ma non solo. Secondo quanto riferito all’interrogante, i settori nei quali si dovrebbe mantenere alta l’attenzione sono certo quello dell’agricoltura, ma anche quello dei trasporti e della trasformazione della carne, oltreché del settore terziario, caratterizzati sempre più spesso da contratti di appalto e/o somministrazione lesivi dei diritti basilari dei lavoratori. A supporto di tale evidenza si citano, senza alcuna pretesa di esaustività, i seguenti casi:
- le prime evidenze del fenomeno del caporalato e dello sfruttamento dei lavoratori stranieri sono emerse nel settore estrattivo del porfido come testimoniato da una lunga serie di articoli di stampa a partire almeno dagli anni 2000 e con un’intensificazione delle criticità che si è acuita negli anni della crisi economica (Crisi del porfido e lavoratori non retribuiti. A Lona Lases interviene il Comune – L’Adige, 6 aprile 2015; Porfido: anche in Trentino lavoro nero, licenziamenti e caporalato – Corriere della Sera, 27 febbraio 2016; Porfido: perché non va abbassata la guardia, Questo Trentino, settembre 2017)
- nel settembre del 2018, in occasione della vendemmia, i controlli dell’INPS, hanno portato alla luce la situazione di quindici lavoratori presso i vigneti nella zone di Borghetto e Serravalle, che venivano retribuiti 30 € al giorno, per undici, dodici ore di lavoro. I lavoratori, di nazionalità marocchina e nigeriana, giungevano nel luogo di lavoro con furgoncini provenienti da fuori Regione, dato che l’azienda agricola presso la quale lavoravano aveva “appaltato” il servizio di raccolta dell’uva a cooperative fittizie venete e lombarde (Caporalato nelle vigne di due aziende trentine – Trentino, 05 settembre 2018);
- nel giugno del 2019, la Guardia di Finanza di Egna, ha scoperto un fenomeno di sfruttamento del lavoro realizzato mediante condotte di prevaricazione nei confronti di 82 lavoratori, prevalentemente di nazionalità pakistana e indiana, nella zona di Trento. I lavoratori venivano reclutati per consegnare volantini fino a 15 ore al giorno, festivi compresi, ovviamente senza alcun tipo di tutela, percependo dai 30 ai 50 euro al giorno. Inoltre i lavoratori durante le ore di lavoro venivano monitorati con il GPS (Caporalato in Trentino, costretti a lavorare sorvegliati e controllati con il Gps. Coinvolti 82 lavoratori – Il Dolomiti.it, 27 giugno 2019);
- un altro recente episodio di sfruttamento del lavoro, è emerso nell’aprile appena trascorso, quando quattro persone sono state denunciate dai Carabinieri della Compagnia di Rovereto per sfruttamento della manodopera straniera in agricoltura. Anche in questo caso i lavoratori sono provenienti dal Pakistan (Caporalato e sfruttamento nelle campagne, 4 denunce – Ansa.it, 27 aprile 2021);
le preoccupazione circa la presenza e la diffusione del caporalato nel territorio trentino, già evidenziata da diversi episodi, come riportato da un articolo di stampa locale, è stata espressa anche da Marco Omizzolo sociologo dell’Eurispes, che ha affermato “Quando parliamo di caporalato – ci spiega – parliamo di un fenomeno diffuso in tutta Italia dalla Sicilia fino al Trentino. Esistono casi, organizzazioni e sistemi che sono organizzati che arrivano a produrre vero e proprio sfruttamento […] Sono 450 mila in Italia le persone sfruttate in agricoltura e di queste quasi 130 mila quelle che si trovano in una situazione molto grave. L’80% le persone coinvolte sono migranti mentre il 20% sono italiani. Parliamo di un business che si aggira attorno ai 25 miliardi di euro” (Dalle ‘cooperative senza terra’ alle agromafie, il Trentino fa gola al nuovo caporalato. Omizzolo: ”Mette fuori gioco il tessuto economico locale” – Il Dolomiti.it, 22 febbraio 2020);
un altro fenomeno evidenziato dal sociologo Omizzolo è quello delle cosiddette “cooperative senza terra”, in quanto costituite solo da braccia: «Il titolare è italiano o straniero ed è lui il vero caporale che forma le squadre di lavoro. A volte gli stranieri sono dei prestanome dietro cui si nascondono dei veri criminali. Questo per non rendere il caporale identificabile. La cooperativa offre alle aziende un servizio a basso costo, in quanto per questi lavoratori vengono usati modelli contrattuali dell’est Europa, spesso bulgari. Vengono sequestrati documenti, permesso di soggiorno e passaporto originali ed è impossibile per gli sfruttati scappare. “Un fenomeno – spiega Omizzolo – che manda fuorigioco la manodopera locale. Sul piano formale diventa quasi legittimo pagarli anche il 40% in meno visto il tipo di contratto. Il vantaggio per il padrone è notevole”.» (Dalle ‘cooperative senza terra’ alle agromafie, il Trentino fa gola al nuovo caporalato. Omizzolo: ”Mette fuori gioco il tessuto economico locale” – Il Dolomiti.it, 22 febbraio 2020);
oltre a ciò, sottolinea ancora il sociologo Omizzolo, non mancano gli episodi di trasferimento dei braccianti, che si recano a lavorare da una Regione all’altra e con essi anche la merce raccolta si sposta, provocando uno sfruttamento anche nel campo della logistica;
è evidente che il fenomeno del caporalato porta con sé una grave lesione sia della dignità dell’uomo in quanto tale, sia dell’uomo in quanto lavoratore che, secondo quanto sancito nell’articolo 36 della Costituzione “ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”;
tutto ciò premesso il Consiglio impegna la Giunta provinciale a
* il seguente dispositivo è stato sostituito dall’emendamento riportato a piè di pagina
siglare un protocollo con il Commissario del Governo al fine di:
- definire forme di collaborazione coordinata e congiunta tra gli organi di vigilanza locali e le forze dell’ordine statali, in particolare la Guardia di Finanza, al fine di eseguire verifiche e controlli sui luoghi di lavoro maggiormente esposti al fenomeno del caporalato;
- sollecitare il Governo nazionale a recepire la proposta normativa per contrastare il fenomeno del caporalato formulata dall’INPS e presentata nel corso delle audizioni della ”Indagine conoscitiva sul fenomeno del cosiddetto caporalato in agricoltura”, tenutesi il 28 maggio 2019 presso le Commissioni Riunite (XI e XIII) della Camera, in merito alla modifica dell’articolo 6 della legge n. 116 del 2014 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, recante disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l’efficientamento energetico dell’edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonche’ per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea.”;
- stilare una relazione periodica nella quale riportare non solo gli eventi connessi al caporalato in termini numerici, ma anche i fattori critici che ne permettono la diffusione sul territorio Trentino e sui quali sarebbe necessario intervenire con misure idonee alla prevenzione del fenomeno nel medio-lungo periodo;

Impegno definitivo:
- impegna a stilare una relazione periodica nella quale riportare non solo gli eventi connessi al caporalato in termini numerici ma anche i fattori critici che ne permettono la diffusione sul territorio trentino e sui quali sarebbe necessario intervenire con misure idonee alla prevenzione del fenomeno nel medio-lungo periodo; il contenuto di tale relazione dovrà essere compatibile con le esigenze di procedimenti penali in corso e con le valutazioni delle Procure della Repubblica a diffondere informazioni;
- impegna a proporre al Commissariato del Governo di valutare la necessità della definizione di ulteriori accordi a rafforzamento degli accordi esistenti anche a livello nazionale: definire forme di collaborazione coordinata e congiunta tra gli organi di vigilanza locali e le forze dell’ordine statale, in particolare la Guardia di Finanza, al fine di eseguire verifiche e controlli sui luoghi di lavoro maggiormente esposti al fenomeno del caporalato
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2 Replies to “Caporalato in Trentino: più controlli grazie al M5S”