Nella seduta odierna del Consiglio provinciale la maggioranza ha ritenuto di non approvare una proposta di risoluzione tramite la quale si chiedeva di rimuovere le barriere strutturali che impediscono la partecipazione effettiva della cittadinanza alle fasi di scelta, localizzazione e progettazione delle opere pubbliche che la riguardano da vicino. La motivazione è stata quanto mai dettagliata ed esaustiva, ovvero “va tutto bene, non c’è bisogno di cambiare niente”, il che dimostra ancora una volta il livello di apertura mentale e il fine senso democratico che animano gli attuali amministratori del Trentino.
Come sempre facciamo, siamo partiti dai fatti: la legislazione italiana e provinciale riguardo ai “percorsi partecipativi” che interessano le grandi opere è monodirezionale e non interattiva. Ovvero, ai cittadini viene chiesto di ascoltare cosa è stato deciso in alto loco e di adeguarsi senza fiatare, anche se le decisioni in questione significano un grosso danno per loro, ad esempio, perdere la casa. Non lo diciamo noi, ma studi di livello internazionale sull’argomento, ed è ovvio che una simile impostazione produca frustrazione e proteste, pronte a sfociare anche in qualcosa di peggio. È successo in Val di Susa con la TAV Torino-Lione e sta succedendo anche a Trento col bypass ferroviario. La gente si sente presa in giro ed ignorata dalle istituzioni, quindi reagisce con la protesta spontanea. Certo, fino ad ora a Trento essa si è dimostrata altamente responsabile, ma non si può scambiare la civiltà dei cittadini trentini con un permesso a calpestarli, perché altrimenti si finirebbe col giustificare anche reazioni scomposte.
Per questo motivo avevamo proposto che la giunta facesse una valutazione di impatto sulla normativa provinciale allo scopo di rimuovere gli ostacoli che impediscono alle collettività locali di essere coinvolte nelle decisioni che li riguardano e rendesse quindi effettiva, invece che solo pleonastica, la partecipazione dei cittadini agli iter realizzativi delle opere a grande impatto economico e sociale. La risposta è stata quella di cui sopra. Non se ne parla, lorsignori sanno cosa serve… e in effetti sono esperti nel far pagare il conto delle loro scelte ad altre persone… fino a quando queste non saranno completamente esasperate e reagiranno. A quel punto sentiremo urla e lamenti, ma la colpa di certi esiti sarà tutta di coloro i quali non hanno fatto niente per evitarli, anzi con le loro non scelte hanno finito per alimentarli!
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Segue il testo integrale della proposta di risoluzione n.197/54/XVI del 7 marzo 2023 “Rimuovere le barriere strutturali che impediscono ai cittadini un’adeguata partecipazione ai processi di realizzazione delle grandi opere” collegata alla Comunicazione della Giunta n. 54/XVI “Impiego di fondi statali connessi al disinquinamento dell’area della SLOI interessata dal passaggio della circonvallazione ferroviaria”:
L’articolo 6 bis (Concertazione dei lavori pubblici con i cittadini) della legge provinciale sui lavori pubblici (legge provinciale 10 settembre 1993, n.26) prevede che per le opere della Provincia, degli enti strumentali e del piano delle opere di edilizia universitaria finanziate dalla Provincia d’importo superiore al quadruplo della soglia comunitaria vigente come prevista all’art. 35 del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e ss.mm., nonché per le opere delle comunità e dei comuni di importo superiore alla soglia comunitaria (5.382.000 € per appalti di lavori), il documento preliminare di progettazione o, ove necessario al fine dell’inserimento negli strumenti di programmazione, il progetto preliminare, è sottoposto a procedura di concertazione, in modo da favorire la condivisione delle opere e la loro rapida realizzazione attraverso la partecipazione dei cittadini. Il medesimo articolo, oltre a definire i passaggi della procedura di concertazione, specifica che nel caso di opere da inserire in piani o programmi soggetti a valutazione strategica ambientale (VAS) ai sensi della normativa provinciale vigente, la procedura di concertazione è svolta contestualmente alla fase di pubblicità prevista dalla medesima normativa (vedi legge provinciale 17 settembre 2013, n. 19 sulla valutazione di impatto ambientale);
l’articolo 6 bis della legge provinciale sui lavori pubblici fu introdotto recependo, in forma semplificata, la procedura concertativa proposta dal disegno di legge n. 251/XIV “Modificazioni della legge provinciale sui lavori pubblici: disciplina della concertazione”, al fine di favorire il più possibile la condivisione delle opere pubbliche di maggiore rilevanza con la cittadinanza. In particolare, rispetto alla versione originaria del disegno di legge 251/XIV, furono riviste al rialzo le soglie di valore richieste per l’attivazione della suddetta procedura sia per le opere delle comunità e dei comuni, sia per quelle di competenza della Provincia, mentre fu soppressa la previsione di indizione di referendum sull’opera oggetto di conferenza pubblica di informazione, ferma restando però la necessaria previsione di specifici e puntuali passaggi partecipativi;
a seguito della lettura della relazione di maggioranza al disegno di legge n. 315/XIV in materia di contratti pubblici, di welfare e di incentivi alle imprese, emerse la perplessità, esternata da alcuni consiglieri, in ordine al fatto che la necessità di indire una conferenza pubblica di informazione potesse tradursi in un eccessivo aggravio procedimentale. Tale perplessità favorì la decisione di innalzare le soglie applicative, anche per le opere di competenza dei comuni e delle comunità, con l’intento di mediare tra i contrapposti interessi in gioco;
l’intento del legislatore così come emerge dalla lettura della relazione del disegno di legge 251/XIV, i cui contenuti sarebbero stati parzialmente recepiti dal disegno di legge 315/XVI, consisteva nell’introdurre la concertazione per dare legittimità ad un progetto e per permettere di sbloccare le tensioni relative ai progetti più controversi, informando i cittadini ed i portatori di interessi, coinvolgendoli nelle scelte, accogliendo le loro richieste, spesso rivolte a migliorare la qualità della vita di un luogo e/o il rispetto dell’equilibrio ambientale, prevedendo meccanismi di compensazione per gli inevitabili cambiamenti o disagi causati dalle opere. Inoltre, attraverso la concertazione e il confronto diretto con i cittadini e i portatori di interesse, si sarebbe dovuta agevolare l’elaborazione del progetto migliore sia sotto il profilo tecnico che sotto quello, ugualmente importante, del gradimento e della condivisione da parte della popolazione e dei territori coinvolti;
a livello statale l’istituto del dibattito pubblico, riprendendo l’esperienza francese e quelle delle regioni italiane più virtuose, è disciplinato dall’articolo 22 (Trasparenza nella partecipazione di portatori di interessi e dibattito pubblico) del Codice dei contratti pubblici adottato con decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 e ss.mm. L’istituto consente di realizzare la partecipazione degli interessati al procedimento volto ad assumere le decisioni sulle grandi opere pubbliche. In particolare il comma 1 specifica che: “Le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori pubblicano, nel proprio profilo del committente, i progetti di fattibilità relativi alle grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull’ambiente, sulla città o sull’assetto del territorio, nonché gli esiti della consultazione pubblica, comprensivi dei resoconti degli incontri e dei dibattiti con i portatori di interesse. I contributi e i resoconti sono pubblicati, con pari evidenza, unitamente ai documenti predisposti dall’amministrazione e relativi agli stessi lavori.”;
in attuazione dell’articolo 22 del Codice dei contratti pubblici, è stato infine adottato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 maggio 2018, n. 76, “Regolamento recante modalità di svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico”. Secondo la relazione illustrativa allegata allo schema di Regolamento trasmesso alle Camere (AG 494 della XVII legislatura), il Regolamento stesso è ispirato ai seguenti princìpi: 1) la necessità che i grandi interventi infrastrutturali siano decisi a seguito di un ampio e regolato confronto pubblico con le comunità locali; 2) che il confronto si svolga nella fase iniziale del progetto, quando tutte le opzioni sono ancora possibili, compresa l’opportunità della realizzazione dell’opera; 3) che i risultati del confronto possano servire, oltre che a valutare l’opportunità degli interventi, a migliorare la progettazione delle opere, rendendole più rispondenti ai bisogni della collettività; 4) che il confronto possa ridurre la conflittualità sociale che normalmente accompagna la progettazione e realizzazione delle grandi opere;
il dibattito pubblico, inteso come “processo di informazione, partecipazione e confronto pubblico sull’opportunità, sulle soluzioni progettuali di opere, su progetti o interventi” (articolo 2, comma 1, lettera a) del D.P.C.M. 76/2018) consiste in incontri di informazione, approfondimento, discussione e gestione dei conflitti, in particolare nei territori direttamente interessati, e nella raccolta di proposte e posizioni da parte di cittadini, associazioni e istituzioni (articolo 8, comma 2). Esso deve essere organizzato e gestito in relazione alle caratteristiche dell’intervento e alle peculiarità del contesto sociale e territoriale di riferimento;
come messo in evidenza anche dalla valutazione di impatto prodotta dal Senato della Repubblica sul predetto Regolamento, il dibattito pubblico sulle grandi opere ha l’obiettivo di garantire una più ampia partecipazione dei cittadini nei processi decisionali pubblici e assicurare la verifica preliminare della percorribilità di un progetto consentendo alle popolazioni coinvolte di valutare e conoscere nel dettaglio le scelte riguardanti la realizzazione e la localizzazione delle grandi opere infrastrutturali (Una nuova forma di partecipazione: il dibattito pubblico sulle grandi opere infrastrutturali – Dossier a cura di Stefano Marci, agosto 2018);
la valenza e l’utilità del dibattito pubblico è sottolineata sia sotto il profilo delle esperienze pratiche, sia sotto il profilo delle argomentazioni scientifiche. Da un punto di vista della tutela dei diritti costituzionalmente garantiti: “La partecipazione popolare al dibattito pubblico si ritiene che alimenti e rafforzi il principio democratico e si riconnetta al principio di uguaglianza sostanziale, laddove l’art. 3, comma 2, Cost. impone ai pubblici poteri di rimuovere ogni ostacolo che pregiudichi l’effettiva partecipazione dei cittadini all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. In questa prospettiva si registra già da tempo la diffusione di moduli decisionali pubblici, normativi e amministrativi, improntati non più alla sola rappresentanza, ma orientati verso forme di democrazia deliberativa, democrazia partecipativa e democrazia diretta” (La declinazione democratica dell’Amministrazione: le decisioni partecipate nel campo delle grandi opere infrastrutturali – Rivista AIC (Associazione Italiana dei Costituzionalisti) 3/2020 di Franco Sciarretta, pubblicato il 26 giugno 2020);
nonostante le disposizioni normative sopra descritte, nel corso del 2021, del 2022 e del 2023 a Trento si sono verificate numerose manifestazioni di protesta nei confronti della realizzazione di un bypass ferroviario, l’ultima delle quali svoltasi in data 06 marzo 2023 (Circonvallazione di Trento, nuova protesta sotto la Regione. La Rete dei cittadini: “Più sondaggi sotto i binari” – L’Adige – 06 marzo 2023). Allo stesso tempo, il processo partecipativo previsto per legge è stato ritenuto inefficace dalle associazioni che rappresentano i cittadini, con alcuni esponenti di queste ultime che si sono spinti a definire tale esperienza come una presa in giro nella quale tutto era già stato deciso a favore di chi voleva realizzare l’opera, ovvero senza che il processo partecipativo potesse dar luogo a null’altro che all’approvazione acritica dell’opera stessa, realizzando al più correttivi di carattere minore (Il «Dibattito pubblico» sulla circonvallazione Tav? «Una presa in giro, per niente democratico né trasparente» – L’Adige – 28 dicembre 2021);
Nell’articolo “Participatory governance in megaprojects: the Lyon–Turin high-speed railway among structure, agency, and democratic participation” a firma di Giovanni Esposito, professore di Public Policy and Administration dell’Université libre de Bruxelles, di Andrea Felicetti, ricercatore presso la Facoltà di Scienze Politiche e Sociali della Scuola Normale Superiore e di Andrea Terlizzi, Assistant Professor di scienze politiche presso l’Università di Firenze e pubblicato nel 2023 sulla rivista Policy and Society dell’Oxford University Press, gli autori hanno analizzato due contesti di partecipazione democratica, uno italiano e l’altro francese, relativi al mega progetto ferroviario ad alta velocità Torino-Lione;
i due contesti analizzati sono l’Osservatorio per l’asse ferroviario Torino-Lione e la Enquête préalable à la déclaration d’utilité publique, l’indagine preliminare alla dichiarazione di pubblica utilità, ovvero la procedura prevista dalla legge francese in occasione della realizzazione di grandi opere. Dallo studio è emerso che il caso italiano presentava “barriere strutturali ad un’effettiva partecipazione democratica”; per quanto riguarda il caso francese, sebbene meglio progettato e inserito nel suo contesto, anch’esso presentava importanti limitazioni che ne minavano il potenziale democratico. Secondo lo studio, sia l’Osservatorio per l’asse ferroviario Torino-Lione che l’Inchiesta Pubblica non sono riusciti a promuovere la partecipazione democratica;
per quanto riguarda l’Osservatorio è importante sottolineare come questo strumento venne inserito solo in seguito al forte conflitto avvenuto in Valle di Susa tra il 2005 e il 2006, quando il governo decise di istituire l’Osservatorio come luogo partecipativo straordinario per affrontare le proteste locali contro la ferrovia Torino-Lione e per avere consultazioni sia con le pubbliche amministrazioni interessate sia con l’impresa ferroviaria che realizzava il progetto;
il primo elemento evidenziato dagli autori riguarda la struttura e la composizione dell’Osservatorio che rispecchiano l’impostazione verticistica del governo centrale. Con decreto del Presidente del Consiglio fu stabilito che l’Osservatorio doveva essere presieduto da un commissario di governo e, tra i suoi membri, annoverare esperti con competenze tecniche adeguate, nominati dalle amministrazioni pubbliche competenti, sia a livello centrale (ministeri dell’ambiente, infrastrutture, interni, trasporti e sanità), che territoriale (Regione Piemonte, Provincia di Torino, Comune di Torino e Federazione Val di Susa). L’Osservatorio comprendeva anche esperti nominati dal dirigente delle ferrovie italiane e dalla joint venture internazionale. Gli autori sottolineano come gli esperti non fossero indipendenti in quanto il loro ruolo era quello di difendere e promuovere gli interessi delle parti che rappresentavano;
in termini di rappresentanza e coinvolgimento, l’Osservatorio serviva sostanzialmente per spiegare e a giustificare decisioni che erano già state prese e la logica di fondo era quella del mercato, dove le idee devono essere “vendute”, piuttosto che di un forum, dove le idee si scambiano per costruire una decisione condivisa e soddisfacente. Gli autori hanno sottolineato come, mentre nel caso francese entrambe le parti – i sostenitori del progetto e le comunità destinatarie – avevano un posto al tavolo, in Italia non c’era posto per le comunità locali;
nel paper, gli autori sostengono che le problematiche sopra elencate relative alla partecipazione democratica potrebbero essere superate attraverso una migliore qualità dei processi deliberativi dei megaprogetti. Secondo l’analisi effettuata dagli autori, i problemi specifici che interessano la governance partecipativa dei megaprogetti possono essere di due tipi. In primo luogo, vi è un problema di natura strutturale poiché la governance del megaprogetto può essere inquadrata all’interno di contesti istituzionali che non sono progettati per favorire la partecipazione dal basso verso l’alto, per garantire la rappresentanza e il coinvolgimento delle parti interessate al di fuori del team del megaprogetto, per facilitare lo scambio di informazioni tra le parti interessate esterne e il team del megaprogetto, nonché per consentire al primo di influenzare le decisioni preso da quest’ultimo. I risultati in questo senso rispecchiano quelli di pochi studi precedenti che esaminano gli ostacoli istituzionali alla partecipazione pubblica che possono impedire ai meccanismi partecipativi di raggiungere equità ed efficacia nei processi decisionali riguardanti i megaprogetti (Groves et al., 2013; Leifsen et al., 2017; Sneddon & Volpe, 2007);
infine, la natura non deliberativa dei processi di cui sopra emerge anche dal fatto che gli attori coinvolti erano in perenne disaccordo sulla natura delle prove e delle informazioni e sulle modalità con cui queste venivano raccolte. Nel complesso, l’Osservatorio italiano, con la sua marcata esclusione di voci critiche, ha probabilmente rafforzato l’opposizione tra il campo pro-LT e il movimento NOTAV. Prevedere un forum ad hoc dopo lo scoppio del disordine, come nel caso italiano, piuttosto che una procedura di routine, come in Francia, ha solo esacerbato i problemi democratici. Più in generale, i due casi potrebbero tradire la diversa esperienza di governance partecipativa nei due paesi. La lunga tradizione del Débat public in France (Revel et al., 2007) chiaramente non è bastata a sviluppare una governance profondamente democratica nel caso in esame. Eppure, avrebbe potuto concorrere a impedire l’adozione di una soluzione di ripiego come avvenuto in Italia, ritardataria nelle innovazioni democratiche (OCSE, 2020). È interessante notare che nel 2016 l’Italia ha introdotto per tutti i principali progetti infrastrutturali un dibattito pubblico obbligatorio, un forum che attinge in gran parte dall’esperienza francese;
come si vede, le problematiche riscontrate in Val di Susa per la tratta ferroviaria Torino-Lione risultano analoghe a quelle verificatesi a Trento nei confronti della realizzazione del bypass ferroviario, opera che fra l’altro pone numerose criticità, sia di natura urbanistica, che sanitaria e ambientale, dato che essa prevede la costruzione di aree di cantiere poste fra i terreni attinenti alla ex Sloi e alla ex Carbochimica di Trento, i quali si suppongono inquinati, fra le altre sostanze, da piombo tetraetile. La somiglianza del caso trentino con quello valsusino sembra indicare in maniera inequivocabile come l’analisi contenuta nell’articolo “Participatory governance in megaprojects: the Lyon–Turin high-speed railway among structure, agency, and democratic participation” rispetto all’incapacità da parte della legislazione nazionale di gestire adeguatamente la partecipazione della cittadinanza ai meccanismi di progettazione delle grandi opere risulti corretta e come la legislazione provinciale riguardo alla stessa materia non appaia in grado di produrre significativi miglioramenti alle dinamiche di esclusione di fatto dei cittadini da tali processi;
tutto ciò premesso, il Consiglio provinciale impegna la Giunta
- a disporre una valutazione di impatto sulle disposizioni normative e sulle procedure che disciplinano la concertazione per le grandi opere pubbliche, con l’obiettivo di individuare le barriere strutturali alla partecipazione dei cittadini e di elaborare proposte di modifica normativa per rimuovere tali barriere, allo scopo di assicurare il corretto svolgimento dei processi deliberativi in ordine alla scelta, alla localizzazione, alla progettazione e alla realizzazione delle grandi opere pubbliche.
Consiglieri
Cons. Alex Marini
Cons. Lucia coppola
Cons. Paolo Zanella
Cons. Alessio Manica
Cons. Filippo Degasperi
Cons. Ugo Rossi
Cons. Giorgio Tonini
Cons. Lucia Maestri
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Difatti e Salvini un campagna elettorale: “Prima i trentini”…che ci cascano, poverini..
https://www.trentotoday.it/politica/case-popolari-10-anni-residenza.html
E poi dicono: Prima i trentini?
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Sei stato coraggioso a presentare una proposta di questo tipo. Ma quando mai i cittadini possono essere coinvolti nell’iter realizzativo delle opere, soprattutto grandi? E’ vero che i cittadini sono interessati poco alla politica (prova a chiedere chi è il presidente della Provincia, Regione ecc.) è vero che sono lamentosi e rissosi e urlanti (tipo bar) è vero che hanno molto altro da fare (soprattutto le donne) ma coinvolgerli in azioni così complicate e lunghe e poco controllabili per i tempi burocratici (si muore prima che finiscano) è rischioso (!) va a finire che la colpa sarà data a loro, ai cittadini.
Per cominciare sarei contenta che fossero soliti guardarsi intorno e farsi delle domande. Per esempio sulla strada per Riva da Rovereto, dove sorgono una decina di centri commerciali, market ecc. sta sorgendo un nuovo mostro di cemento. Avevo capito che non si dovesse più costruire del NUOVO ma bensì ristrutturare il VECCHIO. In una Rovereto piena di vecchi e cadenti edifici (sembra Belgrado a parte il centro storico), in una Rovereto dove neanche l’Itea fa più manutenzione, direi che osservare questa legge sarebbe stato il minimo. Anche nei rapporti con i privati.