Insieme alla legge di stabilità 2021 è stato approvato un emendamento (em. 6.6) a mia prima firma che riguarda la semplificazione e la digitalizzazione dei procedimenti referendari. Si apre così definitivamente la strada all’attuazione della mozione M5S approvata dall’Aula nel novembre scorso al fine di introdurre il voto per corrispondenza e il voto telematico con particolare attenzione a chi, in via permanente o transitoria, si trova lontano dal Comune di residenza. L’obiettivo è quello di incrementare la partecipazione al voto e allo stesso tempo di ridurre i costi e gli oneri organizzativi.
Se paragonati a quelli sostenuti per una votazione popolare in Svizzera o di altri paesi sviluppati i costi connessi allo svolgimento delle consultazioni elettorali e referendarie in Italia sono esorbitanti. Se ad esempio in Svizzera la spesa per il voto è stimata in meno di 2 franchi per ogni cittadino elvetico avente diritto di voto (1,5 fr per le operazioni di scrutinio + 0,4 fr per la logistica – fonte: Assemblea federale) in Provincia di Trento essa si aggira intorno ai 4,4 eur per ogni cittadino residente avente diritto di voto (al cambio attuale circa 4,8 franchi svizzeri), più del doppio dunque.
Le cause di questa disparità sono da ricercarsi nei bizantinismi tipici della legislazione italiana, nel mantenimento di processi organizzativi obsoleti e nella mancata digitalizzazione delle procedure di voto, tutti problemi che mai nessuno ha cercato di risolvere ma che paradossalmente con il passare dei decenni si sono acuiti togliendo risorse e strumenti agli uffici deputati alla programmazione, alla tenuta dei registri elettorali e allo svolgimento delle operazioni di voto.
E attenzione, si parla di cifre significative non di quattro spiccioli! Per dare una dimensione dei costi che sottostanno all’organizzazione di una consultazione elettorale provinciale e dunque anche delle purtroppo rarissime consultazioni referendarie, basterà dire che si aggirano sui 2 milioni di euro cadauna.
Ecco ad esempio il dettaglio dei costi sostenuti per le elezioni provinciali del 2018:

I costi organizzativi per una consultazione elettorale a livello comunale, parzialmente rimborsati dalla Provincia o dallo Stato, non sono da meno. Questo il dettaglio dei costi generati nel Comune di Trento per le elezioni europee e suppletive del 2019:

In Italia e nella nostra provincia (diversamente) speciale l’istituto referendario è malvisto dai rappresentanti politici e soprattutto dalle élites cui essi rispondono. Vi immaginate se i cittadini potessero esprimersi sulla pianificazione urbanistica opponendosi alle operazioni di speculazione edilizia? O se potessero esprimersi in merito alla gestione e sugli obiettivi delle società pubbliche di sistema controllate o partecipate? O ancora se potessero avere l’ultima parola sui progetti delle grandi opere pubbliche, sulle strategie per combattere i cambiamenti climatici o sugli incrementi delle tasse e delle imposte locali? Per un sistema costruito allo scopo di impiegare risorse pubbliche a favore di questa o di quella consorteria al prezzo di esternalità negative da scaricare sulla cittadinanza inerme sarebbe un disastro… ma se ne gioverebbe il resto della collettività.
Ecco allora che scatta la narrazione difensiva del sistema. Ogni volta che si affaccia un’iniziativa referendaria la risposta è sempre la stessa. Si dice che i cittadini non sono in grado di esprimersi su problemi complessi (N.B. quando invece, ogni 5 anni, è il momento di farsi eleggere diventano di colpo intelligentissimi) e poi si aggiunge che non ci possiamo permettere di sostenere il costo di eventuali referendum, salvo poi puntare tutto sull’astensione nel caso la proposta passasse comunque! È una strategia semplice: prima si ostacolano le richieste di referendum, poi si cerca di sabotare lo svolgimento del referendum stesso e si tenta di delegittimarne il più possibile l’esito finale.
In Svizzera ma anche negli Stati Uniti e in Germania a livello locale invece accade l’opposto. Se i cittadini chiedono di esprimersi, le amministrazioni statali, regionali e locali fanno il possibile affinché possano farlo, in tempi consoni, con dei costi accettabili, sviluppando strumenti per favorire la partecipazione di tutti e impegnandosi a rispettare la volontà popolare. Non è un caso che il Consiglio federale (il Governo svizzero), in relazione ai costi necessari per organizzare una votazione popolare (meno della metà rispetto ai nostri) sia “dell’opinione che in ogni caso i vantaggi della democrazia diretta sono di un valore inestimabile”.
Questa è anche l’idea del M5S Trentino. Se il problema della partecipazione popolare è il costo, lavoriamo per ridurlo, così da poter informare e coinvolgere in maniera meno sporadica i cittadini nelle decisioni che li riguardano.
Se la disposizione normativa venisse attuata (art.8 della LP n.16/2020) si potrebbe perseguire una doppia finalità: facilitare l’esercizio del diritto di voto alle consultazioni referendarie provinciali e risparmiare risorse pubbliche per centinaia di migliaia di euro ad ogni votazione. Non faremo quindi mai mancare il nostro contributo affinché un domani i trentini possano partecipare direttamente agli affari pubblici della collettività locale.
Segue l’immagine dell’emendamento approvato:
Alex Marini (M5S)
Consigliere della Provincia autonoma di Trento
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4 Replies to “Referendum provinciali. Al via uno studio per la modernizzazione delle procedure di voto”