Referendum provinciali e democrazia azzoppata. In Provincia di Trento il voto referendario è figlio di un dio minore

Una delle differenze principali tra le democrazie e i regimi autoritari riguarda il modo con cui si tiene conto del voto popolare. Nelle prime, ai sensi dei trattati internazionali e delle Costituzioni nazionali, si vota liberamente per prendere decisioni che riguardano i cittadini oppure per scegliere i rappresentanti eletti. Nei regimi autoritari invece il voto, laddove consentito, è viziato da procedure che impediscono la libera espressione delle preferenze da parte dei cittadini e dalla mancanza di sistemi di controllo sul corretto svolgimento delle operazioni stesse, lasciando quindi campo aperto alla possibilità di brogli o manipolazioni.

Nei sistemi democratici, affinchè siano garantite la sicurezza, l’affidabilità e la trasparenza delle procedure di voto viene previsto di poterne controllare la correttezza in corso d’opera e anche ex post, in modo da consentire una valutazione esaustiva che confermi o smentisca la validità democratica del voto al termine dell’intero procedimento elettorale. Sulla base di questo semplice assunto e del fatto che ai sensi dell’articolo 47 dello Statuto speciale non è consentita alcuna distinzione (per rango) tra una consultazione elettorale e una consultazione referendaria, nel dicembre scorso abbiamo presentato un’interrogazione al presidente Kaswalder affinché chiedesse al Presidente Fugatti di stilare una relazione da presentare al Consiglio al fine di accertare pubblicamente il corretto e veritiero svolgimento delle operazioni elettorali del referendum propositivo sull’istituzione del distretto biologico trentino e i risultati definitivi delle stesse. Si tratta della stessa procedura prevista per le elezioni provinciali ai sensi del regolamento interno del Consiglio provinciale e, se referendum ed elezioni hanno la stessa dignità, non si capisce il perché di questo differente trattamento.

Nella relazione si dovrebbero considerare le percentuali di affluenza al voto e i fattori che l’hanno influenzata, le misure adottate per assicurare i livelli minimi di informazione istituzionale, i costi delle operazioni di voto, la partecipazione degli elettori iscritti all’AIRE, le misure per assicurare il rispetto delle norme sulla comunicazione politica (L. 28/2000) oppure, volendo immaginare un eccesso di virtù istituzionale, la conformità alle raccomandazioni della Commissione di Venezia.

La risposta è stata quella tipica della democrazia della clava, disciplina praticata con grande fervore da questa maggioranza. Il presidente Kaswalder, infischiandosene del parere del TAR che nella sentenza del 2021 avevo sottolineato che il voto referendario non potesse essere considerato di rango inferiore rispetto alle elezioni, ha scaricato ogni responsabilità facendo notare l’assenza di una specifica disposizione regolamentare che preveda la produzione di una relazione per attestare il corretto svolgimento della procedura referendaria e osservando che in occasione delle precedenti consultazioni referendarie, nel 2007 e nel 2011, il problema non fu posto né in Consiglio, né da parte della presidenza della Provincia; per cui non furono presentate o discusse relazioni di questo genere. Sintesi apparente del Kaswalder-pensiero: “se in passato si sbagliava e non si sono registrate prassi istituzionali virtuose, perché mai le dovremmo introdurre noi? Molto meglio persistere nell’errore”. Del resto si è sempre fatto così e si sa quanto la destra che governa il Trentino ci tenga alle sue tradizioni peggiori. 

Poi magari sono gli stessi che vanno in TV a lamentarsi per la crescente disaffezione dei cittadini verso la politica….

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Segue il testo integrale dell’interrogazione 3304/XVI del 17 dicembre 2021 “Predisporre una relazione sulla consultazione referendaria svolta nel settembre 2021” e la relativa riposta fornita dal presidente Kaswalder nel mese di gennaio

L’articolo 21 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (DUDU), adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, prevede il diritto di elettorato attivo e passivo e afferma quanto segue: 1. “Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti; 2. Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio paese; 3. La volontà popolare è il fondamento dell’autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale ed eguale, ed a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione.”;

l’articolo 25 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici – al pari di quanto sancito dall’articolo 21 della DUDU – prevede, con carattere vincolante nei confronti degli Stati firmatari, che la volontà popolare dev’essere espressa attraverso le elezioni o una procedura equivalente di libera votazione, come è il referendum;

l’articolo 22, comma 2, della legge provinciale sui referendum del 2003 prevede che per le operazioni preordinate allo svolgimento dei referendum, nonché per quelle inerenti la votazione e lo scrutinio si applica, in quanto compatibile, la disciplina per l’elezione degli organi provinciali;

il principio che le operazioni di voto e di convalidazione del voto devono attenersi ai principi generali del processo elettorale è confermata dall’art. 25 della legge provinciale sui referendum che rimanda a quanto previsto dall’articolo 23 dello Statuto speciale, il quale specifica che per quanto riguarda le disposizioni penali si applica quanto previsto dal titolo VII del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati);

l’articolo 5 del regolamento interno del Consiglio provinciale prevede che durante la prima seduta il Consiglio provinciale procede all’analisi della relazione del Presidente della Provincia sullo svolgimento delle operazioni elettorali e sui risultati delle elezioni;

per le elezioni provinciali è previsto che il Presidente della Provincia elabori una relazione da presentare al Consiglio, essendo la ratio quella di accertare pubblicamente il corretto e veritiero svolgimento delle operazioni elettorali e i risultati definitivi delle stesse. In considerazione dei principi dell’ordinamento giuridico statale ed internazionale, si assume che la stessa procedura in sede consiliare debba essere prevista in ordine alle operazioni elettorali e ai risultati dei referendum previsti e disciplinati ai sensi dell’articolo 47 dello Statuto di autonomia, il quale riconosce pari dignità tra i voti espressi per l’elezione del Presidente della Provincia e quelli espressi per le consultazioni referendarie;

il TAR di Trento, con la sentenza n. 36/2021 ha confermato il principio fondamentale che i referendum e le elezioni siano da porre sullo stesso piano giuridico: “il diritto di voto nelle consultazioni referendarie – in quanto diritto fondamentale dei cittadini, al pari del diritto di voto nelle consultazioni elettorali” e ancora: “Dunque – pur essendo innegabile che le elezioni amministrative sono finalizzate ad eleggere i rappresentanti delle comunità territoriali, mentre un referendum propositivo come quello per cui è causa è finalizzato ad impegnare il Consiglio provinciale a legiferare in un settore specifico e ben circoscritto – si deve tuttavia ribadire che l’attuale stato di emergenza sanitaria non giustifica automaticamente ogni tipo di limitazione del diritto di voto nelle consultazioni referendarie sol perché tale diritto è meno rilevante del diritto di voto nelle consultazioni elettorali; ciò in quanto l’art. 47 dello Statuto speciale non consente – a differenza di quanto ritiene la Provincia – alcuna distinzione (per rango) tra una consultazione elettorale e una consultazione referendaria.”;

a conclusione delle operazioni di voto del referendum propositivo sulla qualificazione come distretto biologico del territorio agricolo della provincia di Trento 2021, il Presidente della Provincia non ha predisposto alcuna relazione sullo svolgimento delle operazioni elettorali e sui relativi risultati. Questo passaggio è stato solo l’ultimo di una lunga serie di comportamenti e atteggiamenti che hanno determinato quello che in molti hanno definito un vero e proprio boicottaggio della consultazione referendaria;

il procedimento referendario che si è sviluppato dal 2019 al settembre del 2021 è stato peraltro oggetto di numerose interrogazioni, molte delle quali sono ad oggi ancora senza risposta e che lasciano supporre una certa superficialità nella gestione delle procedure relative alle partecipazione popolare nonché una ingiustificata ostilità rispetto a ogni ipotesi che consideri la possibilità di affermare buone pratiche democratiche, come ad esempio la predisposizione di un opuscolo informativo per illustrare agli elettori l’oggetto del quesito referendario e gli effetti in caso di approvazione. A tal riguardo era peraltro stato approvato l’ordine del giorno 365/XVI del 20 luglio 2021 “Opuscolo informativo sul quesito referendario e sul quadro normativo di riferimento e recepimento del Codice di buona condotta sui referendum della Commissione di Venezia”, il quale è rimasto tuttavia inattuato;

in aggiunta alle analisi che vengono prodotte nella relazione elettorale, tra gli elementi da inserire nella relazione sullo svolgimento del referendum da presentare al Consiglio andrebbero certamente considerati i seguenti:

  • comunicazione politica sugli spazi dell’emittente pubblica. La Rai per le elezioni provinciali garantisce regolarmente spazi radiofonici e televisivi per ospitare messaggi politici autogestiti gratuiti (MAG), tribune elettorali e confronti fra i soggetti che concorrono alle elezioni ai sensi della legge statale 28/2000 avente ad oggetto “Disposizioni per la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica”. Così non è stato fatto per la consultazione referendaria sul distretto biologico trentino;
  • comunicazione politica sugli spazi delle emittenti private. Da ormai un decennio, coma evidenziato anche nell’interrogazione 1724/XVI “Rimborsi alle emittenti radiofoniche e televisive locali per la comunicazione politica”, né lo Stato, né la Provincia erogano alle emittenti radiofoniche e televisive private i fondi per assicurare la trasmissione dei messaggi autogestiti gratuiti ai sensi della legge 28/2000;
  • elettori iscritti all’AIRE. Pur nella consapevolezza generale che la norma elettorale è inattuata nella parte in cui è riconosciuto il diritto di voto agli iscritti all’AIRE per via delle irragionevoli restrizioni che impediscono l’effettivo esercizio del diritto di voto da parte di circa il 98% degli aventi diritto come evidenziato in molteplici atti consiliari presentati nel corso della legislatura, non sono stati adottati provvedimenti per rimuovere questo ostacolo e il numero degli aventi diritto al voto residente all’estero è stato conteggiato nel calcolo del quorum di partecipazione;

i referendum sono previsti anche per questioni essenziali per l’autonomia, quali i referendum confermativi per le modifiche alle norme di cui all’art. 47 dello statuto (le c.d. norme sulla forma di governo) e che ad esempio nella provincia di Bolzano si svolgerà a breve il secondo referendum di questo tipo. Sarebbe grave che il Consiglio non venisse debitamente informato dell’andamento delle operazioni referendarie al pari di quelle elettorali;

tutto ciò premesso si interroga il Presidente del Consiglio per sapere

  1. se, sulla base di quanto risulta dalle sentenze, non ritenga che quanto previsto per le elezioni non si applichi anche ai referendum, vista la loro equiparazione sul piano dell’espressione della volontà popolare, e se, dunque, non ritenga di esigere che sia presentata una relazione sulla consultazione referendaria svolta nel settembre 2021, analogamente a quanto previsto dall’art. 5 del Regolamento interno del Consiglio, rendendo effettivo l’obbligo di stendere una relazione per tutte le operazioni di voto previste dall’articolo 47 dello Statuto;
  2. se non ritenga di chiedere che nella relazione siano inserite:
  1. le motivazioni del mancato rispetto delle disposizioni previste dalla L. 28/2000 per assicurare la parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e per la comunicazione politica;
  2. le considerazioni in ordine, da un lato, alla mancata produzione dell’opuscolo informativo previsto dall’ordine del giorno 365/XVI e, dall’altro, alle valutazioni dello scenario alternativo che, in termini di affluenza al voto, si sarebbe venuto a creare con il recepimento della raccomandazione del Codice di buona condotta sui referendum rispetto al materiale informativo da produrre e mettere a disposizione degli elettori con sufficiente anticipo rispetto alla data del voto;

Risposta fornita il 13 gennaio 2022

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